Scrittore e fotografo tra i più controversi della storia recente, il Baron Corvo è una delle figure più ambigue, dibattute e discusse associate alla città di Venezia. La storia di Frederick William Rolfe, questo il suo vero nome, inizia alla fine del diciassettesimo secolo, in Inghilterra e si chiude all’inizio del Novecento nella città veneta. Al tempo Venezia è un luogo che vive mille contraddizioni e contrasti, tra la miseria che la caduta della Repubblica aveva inevitabilmente portato con se, sprazzi di ricchezza che vengono per lo più da personalità internazionali che scelgono la città come loro nuova dimora, attirati da bellezza e da quel senso di libertà che è ancora forte in Laguna. Tra questi la Serenissima attira a se la grande èlite omosessuale mondiale, di cui il Baron Corvo è senza dubbio uno degli esponenti più eccentrici: una vita che supera i confini imposti dalle convenzioni sociali e lascia in eredità una descrizione del popolo veneziano che in pochi hanno avuto il coraggio di rappresentare. 

Chi era il Baron Corvo?

Frederick William Serafino August Lewis Mary Rolfe nasce a Londra nel 1860 da una famiglia di produttori di pianoforti. Dopo essere diventato insegnante presso King's School, a Grantham, nel 1886 si converte alla religione cattolica e per tutta la vita insegue il sogno di diventare sacerdote: inizia così il seminario a Roma ma nel 1889 viene espulso dal corso di studi perchè considerato poco adatto alla vita spirituale e discontinuo negli studi, e per la sua condotta poco rispettosa del luogo. In seguito diventa caro amico della duchessa Sforza Cesarini, entra nel suo circolo e nelle sue grazie tanto che la duchessa gli conferisce il titolo di Baron Corvo, che diviene il suo pseudonimo più riconosciuto, anche se lui preferisce firmarsi come Fr. Rolfe. Frederick lavora in Inghilterra come scrittore ma la sua attività è legata ad una serie di sostenitori e benefattori che decidono di finanziare l’eccentrico Barone. Nel 1908 si trasferisce a Venezia dove vive per il resto della sua vita. Qui trascorre anni in povertà, senza una fissa abitazione e sempre alla ricerca di sostenitori che gli garantissero una paga degna del suo talento letterario, anche se è abituato a sperperare i soldi che gli vengono donati in anticipo e spesso ospite a sbafo di benefattori che poi rimprovera aspramente. Al contempo, il Baron Corvo resta ammaliato dal fascino di Venezia e si innamora dei tanti giovani gondolieri, fanciulli belli e vigorosi che Rolfe non indugia a frequentare e a descrivere nei suoi scritti, anche con toni piuttosto spinti. Il Baron Corvo muore di infarto il 25 ottobre del 1913, solo e povero, e la sua tomba si trova sull’isola di San Michele.

L’opera tra narrazione ed erotismo

Il Baron Coro è stato autore di vari libri, in particolare di romanzi, alcuni dei quali sono rimasti nel dimenticatoio per molti anni prima di essere tradotti in italiano. Uno dei suoi primi scritti è “Cronache di Casa Borgia”, una ricostruzione agiografica delle vicende della famiglia Borgia, un’apologia di una delle dinastie più importanti della storia. Il romanzo più famoso del Baron Corvo è senza dubbio “Adriano VII”, un’autobiografia fantastica che racconta la vita di un letterario inglese divenuto Papa e che tenterà di salvare l’Europa dal caos e dall’anarchia e ridisegnerà i confini del mondo a suo piacimento. Il sogno di Rofle di diventare sacerdote, e perché no, anche Papa, l’ha accompagnato per tutta la sua esistenza, un’ambizione descritta esplicitamente all’interno del romanzo. Ma l’opera è stata oggetto di numerose interpretazioni, alcuni vi hanno visto all’interno un’anticipazione dei totalitarismi che hanno caratterizzato il ventesimo secolo.

“Il desiderio e la ricerca del tutto” è considerato il capolavoro di Freferick Rolfe. Un romanzo ambientato a Venezia dove la città non fa solo da sfondo per le vicende narrate, ma diventa un vero e proprio motore della storia in quanto è una grande calamita che attrae a sé un folto numero di ricchi inglesi sedotti dal fascino della laguna e dagli scaltri abitanti veneziani, sempre pronti a spillare il massimo dei soldi ai visitatori stranieri. Il protagonista è Nicholas Crabbe, uno scrittore inglese residente a Venezia (vi ricorda qualcuno?) che vaga tra i calli, i campi e i canali della città in cerca di qualcuno che lo aiuti ad affermarsi in quanto scrittore e che apprezzi il suo talento letterario, “[...] Le persone capaci di vedere Venezia sono rare; e coloro che sanno esprimerla con i colori possono essere contate sulle dita di una mano.” Qui egli propone una precisa descrizione dell’ambiente veneziano a cavallo tra l’800 e il ‘900, ma è anche un romanzo di denuncia della condizione dell’artista, costretto a scendere a compromessi con editori aguzzini e svendere la propria opera per sopravvivere. Nel libro vi è grande spazio anche al conflitto sentimentale del protagonista: Crabbe è innamorato di un uomo, Zildo, che è un giovane veneziano di cui Rofle descrive tutta la bellezza che rasenta la perfezione, con numerosi rimandi all’ideale di bellezza degli antichi greci: si tratta di un giovane realmente esistito, un gondoliere che Baron amò alla follia. Questo romanzo è la disperata confessione di un uomo che non sapeva amare e non riusciva ad essere amato, una "rêverie" erotica in cui manie di persecuzione ed egocentrismo, afflati religiosi ed esoterici, si alternano sullo sfondo languido e pittoresco della laguna veneziana” come riporta la quarta di copertina del libro.

“Lettere veneziane. Tre racconti su Venezia” è una raccolta di 23 lettere e due telegrammi scritti tra il 1909 e il 19010 e indirizzate ad un ricco benefattore inglese di nome Charles Masson Fox. Le lettere sono una descrizione di rapporti omosessuali che il Baron Corvo aveva intrapreso o immaginato con giovani gondolieri veneziani. Lo scopo delle lettere era quello di stuzzicare la fantasie erotiche dell’amico Fox in cambio di una cospicua somma di denaro, con descrizioni che non risparmiano i dettagli. Le lettere non erano destinate alla pubblicazione, ma sarebbero dovute essere distrutte una volta lette, ma queste furono conservate e rese pubbliche ma non prima del 1972 a causa dei contenuti espliciti e soggetti a censure.

"La gioventù di Venezia ha un fisico tanto splendido quanto da nessun'altra parte. In una città in cui ognuno nuota dalla culla e in cui quasi chiunque abbia più di cinque anni ha remato (in equilibro e spingendo più che tirando) da venti o trenta generazioni (...), è possibile vedere (e senza cercarli) gli occhi penetranti, svelti e freddi, i colli nobili e saldi, le spalle opulente, le braccia gagliarde, i petti assolutamente splendidi, i tronchi flessibilmente muscolosi inseriti nei (e sorgenti dai) fianchi ben compatti, le gambe lunghe, snelle, fasciate da nervi, i piedi grandi, agili, sensibili, di quella gioventù immortale alla quale un tempo l'Ellade donava diademi"

da  Il desiderio e la ricerca del tutto, Baron Corvo.