Il 25 Aprile è un giorno di fondamentale importanza per la storia della Repubblica italiana, poiché si celebra l'anniversario della liberazione del paese dai poteri fascisti del secondo conflitto mondiale. Un giorno in cui si celebra non solo la libertà da sottomissioni politiche, ma anche, e forse soprattutto, il trionfo della dignità di un popolo unito in un grido unico, da nord a sud, in una lotta comune. E' il giorno in cui il Presidente della Repubblica rende i suoi omaggi, in qualità di rappresentante del popolo intero, al Milite Ignoto, deponendo una corona di alloro ai piedi dell'Altare della Patria di Roma.

A Venezia però il 25 Aprile è anche il giorno della celebrazione del suo Patrono San Marco, simbolo di forza e fierezza e ricordo di un glorioso e serenissimo passato.

E' facile associare la città di Venezia alla figura del leone alato che incarna il giovane Santo, ma pochi conoscono la storia e le tradizioni che ci celano dietro questo millenario connubio, tra realtà storica e affascinanti leggende.


San Marco: perchè è Lui il santo protettore di Venezia?

Lo stretto legame tra Venezia e San Marco inizia davvero in tempi lontanissimi, collocandosi perfettamente tra realtà e narrazione leggendaria.

Nato in Israele nella seconda metà del I secolo d.C. da quella madre Maria nella cui casa pare fosse avvenuta l'ultima cena di Cristo e dei suoi Apostoli, Marco passò la vita dedicandosi alla fede e al bene delle anime e del prossimo. Fu discepolo dei Santi Pietro e Paolo, e morì da martire ad Alessandria d'Egitto, dove si era recato per diffondere il verbo di Cristo: fu legato ad una fune e trainato da cavalli per un sentiero sassoso. Era il 25 aprile dell'anno 68.

La leggendaria storia della sua vita vuole che Marco prima di recarsi in Egitto fosse naufragato, a seguito di un terribile e violento temporale, proprio nella Laguna veneta. Nella campestre zona dove attualmente sorge la Chiesa di San Francesco della Vigna, un angelo con le sembianze di un leone alato gli apparve in sogno pronunciandogli le profetiche parole "Pax tibi Marce, evangelista meus. Hic requiescet corpus tuum" (Pace a te Marco, evangelista mio. Qui riposerà il tuo copro).

Iniziava così un legame indissolubile tra la Serenissima e il Santo.

Alla notizia della morte di Marco, i veneziani, già in sua adorazione, ebbero come unico scopo quello di riportare in Laguna le sue spoglie sante, rimaste confiscate ad Alessandria. Ma c'era un problema politico di fondo: in quel tempo l'Egitto, dopo esser passato dalla dominazione romana a quella bizantina, cadde nelle mani degli Arabi musulmani. Gli imperatori di Costantinopoli, dunque, vietarono a tutte le regioni dell'Impero qualsiasi rapporto con questi: era fatto assolutamente proibito recarsi in quelle terre e tracciare linee di scambi commerciali. Venezia in quel momento storico era legata a Bisanzio ma cominciava a tentare la via dell'indipendenza, ed il recupero delle spoglie di San Marco furono il primo passo in quella direzione. In barba ad ogni divieto e con gran coraggio il Doge Giustiniano Partecipazio ordinò la rischiosa spedizione, inviando nelle terre d'Egitto una flotta di dieci navi mercantili con lo scopo ufficioso di trafugare il corpo del Santo, prima che i musulmani riuscissero a distruggere tutti gli edifici di culto cristiani. Ma lo scopo del Doge aveva anche fine di lucro: Marco era riuscito ad evangelizzare i veneti, e se lui fosse riuscito a riportare a Venezia le sue spoglie la città sarebbe divenuta meta di pellegrinaggio e di culto, con risvolti economici piuttosto interessanti. Era il Novembre dell'827. Giunti a destinazione però la difficoltà era trovare il modo di portare a termine lo scopo senza farsi scoprire. L'operazione pericolosa ebbe esito positivo solo grazie alle intuizioni brillanti di due mercanti facenti parte della spedizione: Buono da Malamocco e Rustico da Torcello. Questi riuscirono ad accordarsi con i padri custodi del santuario in cui era ricoverato il corpo santo, favorevoli al trasferimento, per effettuare uno scambio: la salma di Marco fu sostituita con quella di Santa Claudia, con lo scopo di ritardare il più possibile il momento della scoperta del furto. Rimaneva però da risolvere il dilemma del trasferimento al porto e dell'imbarco del feretro, poiché le merci prima di uscire dal territorio egiziano erano sottoposte a severi controlli doganali. Ma Buono e Rustico manifestarono ancora lungimiranza e astuzia: posero il corpo del Santo in una grande cassa e lo ricoprirono di verdura e soprattutto di carne di maiale. Sapevano bene i due che le carni suine erano considerate immonde da quel popolo, cosicché al controllo nessuno le avrebbe mai toccate, non riuscendo a sostenerne nemmeno la vista. Così fu! La cassa con le spoglie riuscì tranquillamente a salire sul mercantile che indisturbato salpò dal porto alla volta del mare aperto.

L'operazione era da considerarsi perfettamente riuscita.

La flotta fece ritorno a Venezia il 31 Gennaio dell'anno 828 accolta da un popolo festante in acclamazione dei due geniali mercanti considerati veri eroi, e sopratutto del Santo: da quel giorno la Serenissima decretò San Marco come protettore della città al posto di San Teodoro, assumendo come suo simbolo il leone alato con il libro. Molti pensano che questa scelta sia dovuta all'apparizione dell'angelo che ebbe Marco in sogno quando naufragò il Laguna, ma in realtà questo è parzialmente vero, essendoci un'altra motivazione, strettamente legata alle sacre scritture. Ad ognuno dei quattro evangelisti, infatti, è associato un simbolo iconico legato al proprio Vangelo e al verso 4,7 dell'Apocalisse, ed il simbolo di San Marco è il leone, poiché è suo il Vangelo che contiene il maggior numero di profezie di Cristo circa la sua resurrezione, e la resurrezione è rappresentata proprio dal leone, grazie alla sua forza e fierezza.

Dai tempi della Serenissima, così, il leone alato è simbolo indiscusso e onnipresente di Venezia, emblema di una città dal glorioso passato e dalla fierezza di un presente così fortemente legato alle sue radici, alle sue tradizioni millenarie.

Il leone con le sue grosse ali viene sempre rappresentato con un libro su cui sono riportate le profetiche parole che l'angelo rivolse a Marco, e di solito in due posizioni: andante, cioè eretto in piedi sulle 4 zampe, e moleca, ossia seduto. Non c'è, invece, alcun riscontro storico circa la posizione del libro: si pensa che quando questo veniva rappresentato aperto era segno di un periodo di pace, mentre quando era chiuso indica presagio di guerra. Ma non c'è assolutamente alcuna prova storica a riguardo, si tratterebbe, piuttosto, esclusivamente di un'affascinante leggenda.

Ma dove sono oggi le tanto agognate spoglie di San Marco? Ci credete se vi dico che dopo la pericolosa operazione servita per riportarle in patria, furono poi perse per ben due volte? Eh si, incredibile ma vero! L'anno successivo al rimpatrio si diede inizio all'edificazione della grande basilica che avrebbe custodito le reliquie. Nel frattempo queste furono murate in un luogo segretissimo che solo il Doge e il primicerio conoscevano. Un nascondiglio così efficiente che al termine dell'edificazione nessuno sapeva quale fosse, anche a causa della morte di coloro che custodivano il segreto! Il corpo santo fu ritrovato poi proprio durante la messa di consacrazione della Basilica di San Marco, il 25 aprile 1094: la leggenda vuole che il marmo di rivestimento di una colonna della navata destra cedette lasciando scoprire la cassetta che conteneva le reliquie, mentre un dolce profumo si diffondeva nell'aria. Per il timore che le spoglie fossero rubate, furono ancora una volta nascoste molto molto bene, e ancora una volta andarono perdute. Furono poi ritrovate in maniera del tutto fortuita soltanto nel 1811.

Oggi San Marco riposa, finalmente e serenamente, nella cripta sotto l'altare della magnifica Basilica a Lui dedicata, lontano da ogni preoccupazione di furto, e veglia tranquillamente su Venezia e veneziani.


Il bocolo di San Marco, un'antica tradizione che profuma di rose rosse

Alla celebrazione di San Marco del 25 Aprile è legata un'antica tradizione davvero molto romantica: la festa del bocolo di rosa, che rimanda ad un grande amore del passato.

Erano i tempi della Serenissima quando la figlia del Doge Angelo Partecipazio, la giovane e bella Maria chiamata Vulcana, dalla lunga chioma bionda, si innamorò perdutamente del giovane Tancredi, un umile cantastorie appassionato e dal grande fascino. Ma la differenza sociale era motivo di ostacolo al coronamento del loro amore: il Doge, infatti, era assai contrario a concedere in matrimonio la figlia al giovane popolano. Allora Maria, fortemente determinata a scovare uno stratagemma per far si che il padre accettasse il ragazzo, consigliò all'amato di unirsi all'esercito di Carlo Magno ed andare a combattere contro i Mori, così che le sue gesta gloriose lo avrebbero reso degno della giovane aristocratica agli occhi di tutti. E alla fine così accadde, divenendo Tancredi uno dei combattenti più valorosi, accanto ad Orlando e Rinaldo. Ma poco prima del suo rientro, quando già assaporava il calore degli abbracci di Maria, fu tradito dal suo impeto giovanile e dalla sua inesperienza, e morì in battaglia. La leggenda narra che Tancredì cadde a morte in un roseto riuscendo, prima di spirare, a staccare una rosa e chiedere ai suoi compagni di farla recapitare all'adorata amata. Così i paladini guidati da Orlando fecero ritorno a Venezia e consegnarono alla fanciulla quel bocciolo di rosa ancora macchiato del sangue del giovane. Un doloro eccessivo per poter essere sopportato da un cuore così giovane ed innamorato. Sicché la fanciulla non proferì parola alcuna ma si rinchiuse nella sua stanza, dove il giorno seguente su ritrovata senza vita con in mano il bocciolo di rosa del suo Tancredi stretto sul cuore. Era il 25 Aprile.

Da quel giorno la tradizione vuole che nell'anniversario di San Marco gli innamorati omaggino le loro amate con un bocciolo di rosa rossa, come promessa di amore eterno.

In memoria di Maria e Tancredi.