Le “piere sbuse” sui muri dei palazzi veneziani

Passeggiando per Venezia e restando ammaliato dalla varietà dell’architettura che la città offre, avrai sicuramente notato delle “insolite” pietre sporgenti e bucate sulle pareti di alcuni edifici. Queste pietre sono chiamate “piere sbuse”, solitamente in pietra d'Istria e lunghe dai 25 ai 40 cm, con un buco dal diametro di circa 10 cm nella parte più esterna. Sono chiaramente evidenti in molte zone di Venezia, soprattutto su edifici privati di una certa rilevanza storica nel sestiere di San Marco e nella zona di Rialto. Le “piere sbuse” o “pietre bucate” sono sempre e almeno in coppia, ad alcuni metri di distanza una dall’altra, e se la pietra è una sola significa che l’altra (o le altre) furono rimosse in caso di rifabbrica, furono distrutte, o hanno ceduto alla base a causa dell’instabilità causata del passare del tempo. Sono molti i pittori che hanno dipinto queste sporgenze sui palazzi e tanti altri hanno scritto la loro versione dell’utilizzo, ma nessuno ne ha mai rivelato il mistero e spiegato la vera e propria utilità. Secondo alcuni studiosi esse erano utilizzate per sostenere delle sbarre di legno o di ferro a scopo difensivo dei palazzi in caso di assalto nemico, ma questa ipotesi risulterebbe poco credibile dato che Venezia è sempre stata lontana da tumulti interni e dalle discordie feudali. Altri invece sostenevano che le sbarre di legno o di ferro avevano l’utilità di sostenere i panni da asciugare dopo la tintura, ma anche questa risulterebbe poco credibile data l’enorme quantità di “piere sbuse” su palazzi lussuosi, sicuramente dimore non in possesso di tintori.

I “becchi di pellicano”

Oltre alle “piere sbuse”, è possibile notare con minor frequenza le cosiddette “R” rovesce o “becchi di pellicano”: su alcuni palazzi medioevali, ai lati delle finestre, è possibile vedere delle sporgenze in pietra che si prolungano con un’asta in ferro battuto simile ad una forma di “R” al contrario. Simili a dei ganci, vengono chiamate “becchi di pellicano” perché ricordano la sacca della gola dei pellicani, e potrebbero aver avuto la stessa utilità delle “piere sbuse”.


Le ipotesi sull’utilità delle “piere sbuse”

Analizzando gli indizi, ovvero che le “piere sbuse” sono quasi sempre sulla parte alta di una facciata e non necessariamente quella principale, che sono sporgenti ai lati delle polifore o finestre (ma anche sotto ad esse o sotto al tetto), e che è possibile trovarle su dei muri senza finestre su palazzi Veneziani e su ex territori della Serenissima, le possibili ipotesi possono essere:

- Le “piere sbuse” avevano il compito di sostenere effettivamente delle sbarre di legno o in ferro per stendere il bucato;

- Le stesse sbarre in legno, o ferro, avevano l’utilità di asciugare i pesanti panni dei tintori;

- Potevano essere supporti per battenti da chiudere in caso assalto nemico;

- Potevano essere supporti per gonfaloni, siccome in passato era uso stendere vessilli e stendardi durante le innumerevoli feste e processioni. Bisogna però specificare che alcune facciate con le piere sbuse sono poco visibili o situate su calli interne, a volte anche molto strette.

- Ultima ipotesi possibile, nonché la più probabile, è il possibile utilizzo per sorreggere tende destinate a riparare le sottostanti botteghe e le relative mercanzie.