Storia delle colonne di piazza San Marco

Sulla storia delle colonne ci sono varie versioni, ma siamo sicuri che risalgono all’anno 1000 e che vengono da Oriente. La leggenda dice che le colonne monolitiche partite dall’Oriente erano tre e che sono state portate a Venezia via mare con tre navi, una di queste, nel tentativo di sbarcare la colonna in riva, si è inabissata in laguna. Le altre due sono state adagiate sulla riva e là sono rimaste per oltre cento anni.
Solo grazie all’ingegno della figura semileggendaria di Nicolò Barattieri, le colonne sono state sollevate e posizionate nella attuale dignitosa sistemazione in Piazzetta San Marco.
Si racconta che, grazie l'ottimo risultato, fu concesso a Barattieri di gestire tra i due monumenti un banco da gioco, fino ad allora severamente proibito a Venezia.

La ricerca della terza colonna di piazza San Marco

Riguardo alla terza colonna di piazza San Marco è stato presentato a gennaio 2018 il Progetto Aurora per la ricerca, attraverso una tomografia sismica a rifrazione, della “mitica” Terza colonna marciana… ci sarà davvero?

A Venezia centro storico, in Piazzetta San Marco, si ergono due colonne che sembrano simboleggiare la porta della maestosa Piazza. La colonna di San Marco con il suo leone alato simbolo della Serenissima e quella di San Teodoro, raffigurato nell’atto di uccidere un drago, primo protettore di Venezia e dei Veneti.
San Teodoro viene chiamato Todaro dai veneziani, proprio come la gelateria Al Todaro, famosa per il buonissimo gelato artigianale, che si trova giusto in fianco alla colonna di S. Teodoro nell’angolo meridionale della Biblioteca Marciana, che quest’anno compie 70 anni.
Le due colonne sono due alti pilastri in marmo e granito rosa e grigio. In epoca medioevale e rinascimentale sotto le colonne esistevano delle botteghe in legno, successivamente tra le due colonne avevano luogo le esecuzioni capitali, tanto che tuttora persiste l'uso superstizioso di non attraversare lo spiazzo tra le colonne.
Da questo uso deriva anche un modo di dire veneziano: "Te fasso veder mi, che ora che xe" visto che i condannati davano le spalle al Bacino di San Marco e vedevano come ultima cosa la Torre dell’orologio.