Può la Biennale di Venezia con una mostra raccontare la storia del mondo attraverso l'esposizione della sua personale storia? La risposta è si. Ed è il caso de "Le Muse Inquiete: la Biennale di fronte alla storia", la rassegna con cui la fondazione culturale veneziana festeggiaa il suo 125esimo compleanno.

Un viaggio nella storia con cui la Biennale celebra se stessa attraverso la narrazione di come le sue sei discipline, arte - architettura - cinema - teatro - danza - musica, tutte declinazioni del concetto più ampio e universale di arte, abbiano intessuto un legame forte con le vicende della storia del mondo del Novecento, divenendo testimoni non silenziose di vicende che hanno segnato epoche, dialogando per la prima volta tra loro e dando una importante dimostrazione di come le arti "continuino anche nei momenti di maggiore avversità". [cit. Cecilia Alemani, curatrice della mostra]

Una mostra che nasce in un momento storico fortemente instabile per il mondo intero, caratterizzato nell'ultimo periodo da una pandemia che ha costretto allo slittamento delle Mostre Internazionali di Architettura e di Arte, che grazie ad uno sguardo volto al passato vuole essere "motore indispensabile di indagine sul presente e sul futuro, e strumento strategico di sviluppo anche economico per la società contemporanea", così come affermato Roberto Cicutto, neo eletto alla Presidenza della Biennale di Venezia.

Ma guardiamoci un attimo indietro anche noi....


La storia della Biennale di Venezia, lunga 125 anni

20200825103223IMG_1918.jpg

E' il 1985 quando va in mostra la "Prima Esposizione Internazionale d'Arte della città di Venezia", la "grande madre" di tutte le Biennali, che da quel momento attraverseranno tutto il Novecento sino ai giorni odierni, divenendo il cuore pulsante per la promozione delle nuove tendenze artistiche, organizzando manifestazioni dal respiro internazionale secondo il vincente modello pluridisciplinare unico, dando voce ad importanti e radicali trasformazioni nell'arte e nell'architettura, nel cinema e nel teatro, nella danza e nella musica. Presenza fissa nello scenario lagunare e mondiale, ha conosciuto soltanto 3 momenti di stop nella sua storia: durante i due conflitti mondiali e quest'anno in cui la pandemia da Covid 19 ha costretto al rinvio della Mostra d'Architettura all'anno che verrà.

Una storia d'amore lunga quella tra La Biennale e Venezia, nata quasi per caso, quando nel 1983 l'amministrazione comunale pensò di celebrare con una mostra le nozze d'argento del Re Umberto e della Regina Margherita di Savoia. Fondamentali in questo processo di genesi e progettazione furono le idee dell'allora sindaco Riccardo Selvatico che propose di trasformare gli stimolanti incontri degli artisti al Caffè Florian in una mostra che fosse prestigiosa e internazionale. Ci vollero però 2 anni perchè la mostra potesse vedere la luce, durante i quali fu realizzato il Palazzo delle Esposizioni ai Giardini Pubblici di Castello, l'attuale Padiglione Centrale, che divenne il cuore della prima esposizione e di quelle a seguire. Così il 22 Aprile del 1895 alla presenza dei sovrani e di una popolazione assai entusiasta venne inaugurata la "Prima Esposizione Internazione d'Arte della città di Venezia". Da quel momento fu poi organizzata con cadenza biennale, e per questo si mutò il nome della rassegna in La Biennale, divenuto poi sinonimo di grande evento internazionale, indipendentemente dalla tempistica organizzativa. Personaggio chiave per lo sviluppo delle mostre successive su Antonio Fradeletto, segretario generale che riuscì a far crescere in maniera esponenziale la fondazione: fu lui, ispirato dall'Expo di Parigi degli inizi del Novecento, a proporre la realizzazione di un spazio espositivo a carattere permanente per ogni paese partecipante all'esposizione. Nacquero così i Padiglioni delle Partecipazioni Internazionali, che sorsero piano piano intorno a quello Centrale e che videro al lavoro grandi firme dell'architettura di allora, come Carlo Scarpa (Padiglione Venezuela), Alvar Aalto (Padiglione Finlandia), Sverre Fehn (Padiglione Paesi Nordici), Josef Hoffmann (Padiglione Austria), James Stirling (Padiglione del libro), Bruno Giacometti (Padiglione Svizzera), Gerrit Rietveld (Padiglione Olanda), B.B.P.R. (Padiglione Canada): è grazie a queste architetture differenti le une dalle altre, che sono arte esse stesse, perfettamente integrate nel verde e nel difficilissimo contesto lagunare, che si crea una sorta di mostra a cielo aperto dove l'architettura prima di essere contenitore è contenuto essa stessa, capace di rendere i Giardini della Biennale un luogo estremamente interessante e stimolante, indipendentemente dalle esposizioni.

Nel 1930 all'arte si affiancò la musica, con la nascita del primo Festival Internazionale di Musica - La Biennale di Venezia che da sempre ricopre un ruolo primario nel panorama della musica contemporanea e internazionale.

Solo due anni più tardi, grazie all'idea lungimirante dell'allora presidente della Biennale, il Conte Giuseppe Volpi della Misurata, viene inaugurata la Prima Esposizione Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, la prima mostra di cinema del mondo! L'edizione si svolse interamente sulla terrazza glamour dell'Hotel Excelsior del Lido dove alle 21.15 del 6 Agosto del 1932 fu proiettato il primo film: Dr. Jekyll and Mr Hyde, del regista Rouben Mamoulian. Da allora l'esposizione raccolse consensi unanimi di critica e pubblico che accrebbero il suo prestigio, al punto che dal 1935 la sua organizzazione divenne annuale, e proprio in quell'anno fu istituito il premio alle interpretazione degli attori, chiamato Coppa Volpi in omaggio al Conte, mentre occorrerà aspettare il 1949 per il primo ed ambitissimo Leone d'Oro al miglior film.

Da allora la Mostra è divenuta un immancabile appuntamento per cineasti e appassionati, aprendo da sempre la nuova stagione cinematografica e presentando in anteprima opere di prestigio mondiale che molto spesso diventano poi storia del cinema mondiale, e portando sul tappeto rosso del Lido registi e attori di caratura internazionale, che aggiungono alla meraviglia della quinta arte il fascino del glamour e dell'eleganza che ha sempre contraddistinto Venezia.

E' del 1934 il primo Festival Internazionale del Teatro di posa - La Biennale di Venezia, mentre bisognerà aspettare molto perchè anche l'architettura entri a far parte delle discipline della fondazione veneziana, precisamente il 1980 quando all'architetto Paolo Portoghesi viene affidata la direzione della prima Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia. L'esposizione, che portava il titolo di "La presenza del passato", era pensata "con l'architettura e non sull'architettura", così come dichiarò il suo curatore e vide la partecipazione di archistar del calibro di Frank O. Gehry, Arata Isozaki, Rem Koolhaas, Christian de Portzamparc: non male per essere un'esposizione in forma sperimentale! Il cuore di questa prima Biennale di Architettura fu la mostra Strada Novissima che Portoghesi volle allestire alle Corderie del'Arsenale: era la prima volta che gli spazi dell'antico squero della Serenissima venivano destinati a funzione museale, ma da allora divennero a tutti gli effetti la seconda sede espositiva di tutte le Biennali che seguirono. Quella mostra aprì un dibattito vivace sul ruolo dell'architettura come funzione sociale, facendone poi una delle esposizioni più prestigiose del settore, capace di aprire la strada a nuove tendenze e con coraggio a capovolgere linguaggi spesso ancorati ad un retaggio culturale obsoleto che poco si adatta ai tempi che viviamo, spostare l'asse delle priorità in fatto di costruzioni, affrontare temi caldi e delicati come quelli dell'ecosostenibilità e della rivalutazione delle periferie e delle aree più difficili del pianeta.

La declinazione del termine universale di arte si completa nel 1999 con la nascita del Festival Internazionale di Danza Contemporanea - La Biennale di Venezia.

In tutti questi anni La Biennale di Venezia è passata attraverso varie forme giuridiche: nata come Ente Autonomo Statale, divenuta poi Società di Cultura, dal 2004 è Fondazione Culturale, con sede nello splendido palazzo del Canal Grande Cà Giustinian, che vede alla presidenza il produttore cinematografico Roberto Cicutto, succeduto nel Febbraio di quest'anno all'economista e manager Paolo Baratta.

E' la forte capacità avanguardista di guardare nelle nuove tendenze dell'arte, qualsiasi sia la sua forma, di porsi come faro nello scenario mondiale delle arti, di proporre prospettive e angolazioni nuove per opere e autori di ogni epoca e genere, che hanno fatto della Biennale l'esposizione tra le più importante e influenti del mondo. In questa storia lunga ben 125 anni non c'è stato artista, maestro, storico, teorico che non abbia espresso la sua voce alle mostre, andando a creare quel pluralismo di voci che è da sempre elemento caratterizzante delle Biennali di Venezia.

Buon compleanno! Lunga vita a La Biennale di Venezia!


Le Muse Inquiete: La Biennale di Fronte alla storia. La mostra

20200825103350IMG_1920.jpg

La mostra Le Muse Inquiete: la Biennale di Fronte alla storia sarà inaugurata al Padiglione Centrale dei Giardini della Biennale il 29 Agosto 2020. Un'esposizione corale che ha visto la collaborazione, per la primissima volta, di tutti i curatori delle sei discipline che costituiscono le aree principali di ricerca e che rendono le manifestazioni della Biennale incredibilmente straordinarie: Cecilia Alemani - arte, Hashim Sarkis - architettura, Alberto Barbera - cinema, Antonio Latella - teatro, Marie Chouinard - danza, Ivan Fedel - musica.

E' all'intersezione di queste declinazioni del concetto più universale di arte che si ispira il nome: muse, come le divinità della religione dell'Antica Grecia che simboleggiavano l'ideale supremo di Arte che investiva il ruolo fondamentale della rappresentazione dell'eterna magnificenza del divino sulla terra. L'aggettivo inquiete è ispirato invece dalla celebre opera di Giorgio de Chirico Le Muse Inquietanti, esposto per la prima volta alla Biennale del 1948: nel dipinto l'artista colloca delle figure femminili immobili, inanimate e inquietanti, che alludono alle muse della mitologia classica, in una grande piazza che ricorda un palcoscenico, con delle quinte sceniche rappresentate da architetture di ieri e di oggi. Un inequivocabile ponte tra passato e presente, in cui le arti non solo "vanno in scena" ma costituiscono un anello di congiunzione tra ieri e oggi: vengono dal passato per ispirare e dialogare con il presente, guardano al passato per costruire il mondo di oggi.

Ed è proprio questo il senso della mostra, che con carattere antologico racconta i momenti del passato della Biennale che hanno intrecciato fortemente la storia del mondo, dimostrando come l'arte sia lontano dall'essere effimera, ma piuttosto teatro di importanti cambiamenti politici e culturali, che hanno segnato intere epoche. Attraverso l'intreccio delle sei discipline, la mostra racconta i momenti che hanno segnato il Novecento e di cui le arti della Biennale stessa ne sono state testimoni, divenute, spesso loro malgrado, teatro strategico di operazioni di diplomazia e alleanze politiche, di proteste e scontri generazionali e stravolgimenti di costume e cultura.

Come non ricordare le edizioni degli anni Trenta del Novecento caratterizzate dalle intromissioni e le pressioni dei governi italiano e tedesco nei periodo fascista e nazista, che nella Mostra del 1938 vollero vincitori i film Olympia di Leni Riefenstahl e Luciano Serra pilota di Goffredo Alessandrini, di chiara propaganda politica. Furono gli anni che videro la ferma opposizione del Ministro francese Jean Zay che disertò da allora la mostra dando vita ad una nuova kermesse, il Festival di Cannes. Negli Sessanta e Settanta La Biennale assistette ad "un’ondata di sconvolgimenti sociali e politici che ridisegnarono le relazioni tra massa e individuo e le dinamiche di potere tra Est, Ovest e il Sud globale": è del 1977 una delle esposizioni più polemiche, passata alla storia come "La Biennale del dissenso", sotto la direzione di Carlo Ripa di Meana che intitolò la mostra "La nuova arte sovietica: una prospettiva non ufficiale", interamente dedicata al conflitto politico e culturale che stava interessando in quel momento l'Est Europa. Dure ed aspre furono le critiche, sia da parte del governo italiano, retto da Bettino Craxi, sia dall'ambasciatore russo che con una nota ufficiale chiese la cancellazione della mostra. Gli anni Ottanta e Novanta, caratterizzati dalla caduta del Muro di Berlino e dei grandi blocchi della Guerra Fredda e dall'avvento della globalizzazione, che hanno condotto la Biennale ad adottare linguaggi nuovi, capisaldi di "un'espansione dei confini globali, aprendosi a nuove influenze geopolitiche", fino ad arrivare ad una completa "metamorfosi del gusto e del comune senso del pudore, tra scandali, censure e nuove cartografie del desiderio" fino a nuovi idiomi creativi.

Un percorso museale che riesce a far dialogare e sottopone ad un vivace confronto eventi ed episodi della storia recente grazie ad un attento lavoro di ricerca per cui i sei direttori hanno attinto dall'Archivio della Biennale (ASAC) documenti storici, filmati rari e opere inedite.


Le sezioni della Mostra e i suoi direttori

20200825111756CURATORI.jpg

Sei le discipline dell'arte della Biennale, sei i direttori e sei le sezioni di questa incredibile mostra.

Ad ogni sezione è dedicato un particolare momento storico, ognuno di questo analizzato da una specifica disciplina e curato dal rispettivo direttore.

"Anni del Fascismo 1928-1945" con Albero Barbera, direttore della Mostra del cinema, per cui il cinema è "specchio del Novecento, il testimone più affidabile del secolo scorso, l’occhio imperturbabile capace di registrarne gli avvenimenti di volta in volta festosi, tragici, quotidiani o epocali, fissandoli per sempre sull’emulsione fotosensibile". L'analisi di Barbera si sofferma proprio sulle interazioni che la politica e lo scenario storico di quegli anni hanno avuto sulla Mostra, facendosi sempre più invasivi e pressanti, come nel 1938 per mano dei governi italiano fascista e tedesco nazista, che soffocarono la libertà di scelta e giudizio di quella edizione.

• "La guerra fredda - i nuovi ordini mondiali 1948-1964" raccontata dal direttore della Biennale Musica, Ivan Fedele per cui "i mondi della creatività ci restituiscono le esperienze condivise dell’umanità tutta, quelle concilianti come quelle conflittuali, filtrate dalle unicità urgenti di artisti che credono nel ruolo profetico del loro pensare e del loro agire. Destini incrociati, nuove rotte da tracciare". Sono questi gli anni di Renato Guttuso e di Peggy Guggenheim invitata nel 1948 ad esporre alla Biennale la sua personale collezione, trasferita poi nella sua casa-museo sul Canal Grande. Ma soprattutto sono gli anni in cui le opere degli artisti servono per filtrare le idee politiche alla base dello scontro tra Occidente e Regime Sovietico, che prendono a pretesto il contrasto tra astrattismo e figurativo.

• "Il 68" è curata da Marie Chouinard, direttrice della Biennale Danza che riesce a raccontarci come il 68, l'anno delle grandi contestazioni che videro protagonisti soprattutto gli studenti, sia stato un vero e proprio spartiacque per il Novecento, dando vita alla performance come esibizione artistica che si intrecciava ai grandi stravolgimenti sociali. La scelta di includere la danza tra le discipline che caratterizzano questa mostra può senza dubbio sembrare singolare, poichè questa entra a far parte della famiglia della Biennale soltanto nel 1999 per volere dell'allora presidente Paolo Baratta. Prima di allora le performance di danza erano sempre e solo legate alle Biennali di musica o teatro. E la direttrice Chouinard pone proprio l'accento su questo aspetto di flessibilità della danza, capace di adattarsi e mettersi in comunicazione con linguaggi apparentemente differenti.

• "Le Biennali di Carlo Ripa di Meana 1974-1978" di Antonio Latella, direttore della Biennale Teatro che così parla del suo lavoro per la mostra "Indagando la storia del Novecento della Biennale Teatro, scopriamo frequenti momenti di rottura, dove la posta in gioco è il concetto stesso di spettacolo o di rappresentazione; la cronaca prende il sopravvento, i fatti censurano o offuscano la sublimazione artistica. Da Max Reinhardt a Carmelo Bene, da Brecht all’esperienza in Biennale di Ronconi, la Biennale Teatro ha fin dalla sua inaugurazione raccontato tentativi di fuga, di esilio, utopie di scardinamento delle convenzioni, scontrandosi con veti governativi, contestazioni, incomprensioni. Una narrazione dal passato che dovrebbe, forse, interrogare ciò che pensiamo a noi contemporaneo". Sono gli anni di Carlo Ripa di Meana, della Biennale del dissenso, del regista teatrale Luca Ronconi che volle eliminare la separazione tra palcoscenico e sala, tra attore e spettatore che diverrà un soggetto attivo nella rappresentazione, e sono gli anni del quesito "La Biennale è una manifestazione antifascista?"

• "Il postmoderno e la prima Biennale di Architettura" curata da Hashim Sarkis, direttore della Biennale Architettura che racconta così le sue scelte per la mostra: "L'architettura alla Biennale può anche non essere iniziata ufficialmente nel 1980, ma fin dall'inizio è stata presente come contenitore delle arti e come superficie espressiva dei suoi padiglioni. Attraverso la loro presenza fisica, i padiglioni competevano come rappresentanti di imperi e nazioni, con stili e scale che hanno caratterizzato i Giardini per decenni prima dell'arrivo dell'architettura come soggetto protagonista. Ironicamente, l'architettura ha acquisito la sua capacità di inquietare la musa quando ha perso la sua vera collocazione e i suoi sostegni ed è "scesa" per stare con le altre arti, diventando un contenuto e non solo un contenitore. La Biennale ha costretto l'architettura a giocare, a sperimentare, ad essere contemporaneamente struttura, contenuto, rappresentazione ed esperienza, aprendo tutta una gamma di possibilità per il settore. La Biennale ha dato vita all'architettura stravolgendola". Storicamente sono gli anni del Teatro del Mondo di Aldo Rossi e di Paolo Portoghese, che con la sua Strada Novissima apre alla Biennale le Corderie dell'Arsenale,

• "Anni 90 e inizio Globalizzazione" curata Cecilia Alemani, direttrice della Biennale Arte, si racconta la Biennale che si apre a nuove culture influenzata da grandi cambiamenti epocali, come la fine della Guerra Fredda e la caduta del Muro di Berlino, come ha espresso la direttrice per cui la mostra " concepita in un momento di emergenza come quello attuale - che guarda alla storia della Biennale per capire come nel corso del Novecento la storia e le molte trasformazioni culturali e sociali hanno investito l'istituzione veneziana e come la Biennale ha saputo accogliere e amplificare i segnali del presente anche nei suoi momenti più drammatici".

Dopo i due conflitti mondiali che obbligarono ad uno stop forzato tutte le manifestazioni della fondazione, nel 1920 e nel 1948, come una fenice La Biennale risorse dalle ceneri di un periodo buio e si eresse come faro di ripartenza e rinascita, di speranza e fiducia. In questo 2020 dove la pandemia ci ha fatto scoprire tutti vulnerabili, accomunandoci tutti in una lotta comune, l'assenza della Mostra di Architettura ci ha scoperto ancora più fragili, ponendoci di fronte a mutamenti che non dimenticheremo. Ma questa assenza ci da il vero senso della mostra: ancora una volta La Biennale si intreccia ad un evento storico epocale, ed anche nelle difficoltà l'arte c'è, è presente. Oggi si sta facendo la storia di domani! E queste Muse Inquiete devono essere trampolino per la nostra ripartenza, per poterci rialzare più forti di prima.

D'altronde è solo un arrivederci...


Info utili per la visita

Le muse inquiete. La Biennale di Venezia di fronte alla storia

Padiglione Centrale, Giardini della Biennale

29 Agosto 2020  > 8 Dicembre 2020 nei seguenti orari:

  • Periodo estivo (29 Agosto > 5 Ottobre): orario 11 - 19
  • Periodo invernale (6 Ottobre > 8 Dicembre): orario 10 - 18

Chiuso il lunedì, escluso 31 Agosto, 7 Settembre, 2 Novembre, 7 Dicembre.

E' obbligatoria la prenotazione online (link in basso), in cui si dovrà scegliere il giorno e l'orario per la propria visita. Non sarà consentito  l'ingresso ad un orario differente da quello scelto al momento della prenotazione. Saranno consentiti gli ingressi ogni 30 minuti circa, per una capienza massima di 200 persone.

ATTENZIONE: in linea con i protocolli igienico-sanitari previsti per le attività culturali, si raccomanda di presentarsi muniti di mascherine. Durante la visita è obbligatorio indossare sempre e correttamente la mascherina e mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro dagli altri visitatori presenti all’interno del Padiglione Centrale.