Tra le Fondamenta Nove e Murano sorge l’Isola di San Michele: un luogo principalmente conosciuto, perché qui si trova il cimitero monumentale della città. Questo lembo di terra, lontano dalle calli più affollate, permette di scorgere Venezia da un punto di vista differente, non solo geografico, ma anche storico - culturale.


La storia dell'isola

Quest’isola della Laguna veneta ha un’origine curiosa, perchè non è sempre stata così come la vediamo oggi. In origine qui sorgevano due isole, San Michele e San Cristoforo della Pace.

Nel 1804, con l’editto di Saint-Cloud, le sepolture dei defunti non erano più possibili nei sagrati e all’interno delle chiese. Fu così che nel 1806 si ritenne urgente trovare una soluzione anche a Venezia. E così dopo un paio di ipotesi, fu lo stesso Napoleone Bonaparte a scegliere l’isola di San Cristoforo per ospitare il cimitero cittadino. Sentita poco tempo dopo l’esigenza di ampliarlo, si pensò alla vicina isola di San Michele. La soluzione che si trovò comportò però un’opera particolare: il rio che divideva le due isole venne interrato in modo da formarne una unica.

Oggi se cercate in una qualsiasi mappa l’isola di San Cristoforo della Pace non la troverete: una volta inglobata a San Michele, ha perso la propria identità. Ciò non significa però che non sia importante conoscerne la storia. Essa infatti non solo è strettamente connessa all’isola di San Michele, ma anche a tutta la città di Venezia.

San Cristoforo della Pace, nel XIV secolo, fu il luogo prescelto per collocare un mulino a vento. Questo lembo di terra si trovò poi ad ospitare un ospizio femminile e successivamente il convento di Brigidini, gestito in seguito dagli Agostiniani.

Scelta poi come luogo delle cristiane sepolture, l’incarico per la costruzione del cimitero venne dato a Giannantonio Selva e nel maggio 1813 venne ultimato. Il 28 giugno dello stesso anno vennero dunque benedetti la cappella e il cimitero.

La storia di San Cristoforo della Pace e del suo cimitero però si interrompe nella prima metà del 19° secolo. Lo spazio, diventò ben presto insufficiente e si trovò dunque come unica soluzione l’occupazione dell’ isola di San Michele che già ospitava un importante monastero camaldolese.

Oggi San Cristoforo rimane la testimonianza storica di un passato scomparso, che è possibile ricordare solo grazie alla memoria e ai documenti.


La chiesa di San Michele

La tradizione narra che la storia dell’Isola di san Michele ebbe inizio nel X secolo, quando venne costruita una chiesa dedicata all’arcangelo Michele, voluta dalle famiglie Briosa e Brustolana.

Si dice anche che in passato fosse chiamata Cavana de Muran perché usata come ricovero per le imbarcazioni della vicina isola di Murano.

La leggenda vuole quindi che qui si fosse recato il fondatore dei Camaldolesi, San Romualdo. Vero o no che sia questo fatto, quello che è certo è che i vescovi di Torcello e San Pietro in Castello nel 1212 dettero in concessione proprio all’ordine dei Camaldolesi la chiesa presente. Questa non solo fu rinnovata, ma accanto venne costruito anche un monastero.

Nella seconda metà del Quattrocento, venne affidato l’incarico di riedificare l’intero complesso all’architetto Mauro Codussi, nome importante a Venezia, progettista di edifici prestigiosi come la chiesa di Santa Maria Formosa e Ca’ Vendramin Calergi, oggi sede del Casinò. Costruita tra il 1469 e il 1479, quella di San Michele è considerata la prima chiesa rinascimentale di Venezia.

Nel corso del Cinquecento vennero poi costruiti il chiostro grande, la foresteria, la cappella Emiliani e la cavana. In età napoleonica le cose però mutarono completamente con la decisione di sciogliere la comunità presente ed eseguire la confisca dei beni. Con il successivo arrivo degli Austriaci invece, la struttura venne convertita radicalmente nel suo utilizzo per diventare un carcere politico che vide qui rinchiuso, tra gli altri, lo scrittore, poeta e patriota Silvio Pellico.

La facciata della chiesa di San Michele in isola, nota anche comeSan Michele di Murano per la sua vicinanza a questa, così come possiamo vederla oggi, è realizzata in pietra d’Istria. Tripartita, è ispirata liberamente al tempio Malatestiano progettato da Leon Battista Alberti a Rimini. Il livello inferiore della facciata è caratterizzata da un bugnato liscio, mentre quello superiore è degno di nota perché qui si apre il grande oculo attorno al quale sono presenti quattro dischi in marmo policromo. A sormontare questo secondo livello, c’è un frontone curvilineo con i lati raccordati mediante due ali a curvatura ribassata.

Visibile infine, sulla facciata della chiesa la scritta “Domus mea domus orationis” tratta dal vangelo di Matteo 21,13.

L’interno è diviso in tre navate da archi a tutto sesto, retti da colonne. Il soffitto, a cassettoni, è impreziosito nella parte centrale da una rosa intagliata e dorata, ben visibile sullo sfondo azzurro.

Se si sottrae alla pianta lo spazio del vestibolo, sul lato dell’ingresso e quello del presbiterio con le cupole, si può dire che la chiesa abbia un corpo centrale perfettamente quadrato.

Interessante inoltre la storia della Cappella Emiliani, riconoscibile all’occhio del visitatore che si avvicina all’isola perché posta a lato della facciata della chiesa. Nel 1427 la nobile Margherita Vitturi lasciò ai Procuratori di San Marco una sostanziosa somma di denaro con il fine di costruire un luogo di culto, in memoria del defunto marito Giambattista Emiliani e da dedicare al Santa Maria Annunziata. Il progetto venne realizzato quasi un secolo dopo la morte della donna, avvenuta nel 1455. L’architetto che prese in carica il lavoro fu Guglielmo de’ Grigi detto il Bergamasco che terminò la cappella nel 1543. Fin dall’inizio però questa presentava problemi di tipo strutturale e fu così che per il suo restauro venne coinvolto il celebre Jacopo Sansovino tra il 1560 e il 1562. Cappella Emiliani è una raffinata costruzione a pianta esagonale e coperta da una cupola in pietra bianca d’Istria. Al suo interno tre piccoli altari, ciascuno dei quali ornato da tre pale di marmo scolpite da Giovanni Battista da Carona e rappresentanti rispettivamente l’Annunciazione, l’Adorazione dei Magi e l’Adorazione dei Pastori. All’esterno due statue in pietra d’Istria rappresentano Santa Margherita e San Giovanni Battista. Anche queste opera dello stesso Giovanni Battista da Carona.


Il cimitero

San Michele è di certo maggiormente nota per il suo cimitero. E non è strano l’interesse dei turisti nel visitarlo, dato che ospita le spoglie di molti personaggi famosi.

Nel 1810, per decreto napoleonico, il monastero camaldolese che sorgeva a san Michele venne soppresso e l’isola finì proprietà del Demanio che a sua volta la vendette alla Municipalità per poterla unire a San Cristoforo.

Le prime inumazioni a San Michele iniziano così nel 1826 e una volta unite le due isole, si pensò nel 1843 ad un concorso per l’unificazione stilistica del complesso.

A vincere fu Lorenzo Urbani, ma i lavori rimasero fermi a causa della mancanza del denaro necessario. Così nel 1858 venne bandito un nuovo concorso, vinto questa volta dal trevigiano Annibale Forcellini. Il cimitero venne così realizzato, seppur con qualche modifica rispetto al progetto iniziale, tra il 1870 e il 1876. Nel corso del tempo un intervento di restauro degno di nota è sicuramente quello del 1998 per opera del celebre architetto David Chiepperfield. Anche in questo caso era stato bandito un concorso, stavolta con il fine di intraprendere i lavori di ampliamento del cimitero.

Il cimitero di San Michele in isola si presenta con una struttura semplice ed essenziale, con pianta a croce greca, un perimetro di mattoni pieni rossi, a sua volta circoscritto e decorato da pietra d’Istria.

Fino al 1950 l’ingresso era possibile dal lato delle Fondamenta Nove e ogni anno per la ricorrenza dei morti, a novembre, veniva realizzato un ponte di barche, simile a quello costruito per le festività del Redentore e della Salute, per congiungere la Fondamenta con San Michele. Un’usanza che si è interrotta per anni, fino al 2019, quando è stata ripristinata l’antica tradizione che, come era prevedibile, ha trovato l’apprezzamento dei cittadini.

Oggi, scesi dall’imbarcadero, si entra nel cimitero da una porta laterale che conduce alla Cappella di San Rocco, a sua volta circondata da 30 cappelle minori. L’area antica si congiunge così a quella moderna e percorrendo il viale costeggiato da cipressi, si arriva alla chiesa di San Cristoforo, costruita dallo stesso Annibale Forcellini con rimaneggiamenti di Angelo Davanzo e i mosaici, all’interno, di Antonio Castman.

Degni di nota i due chiostri. Quello piccolo che si trova subito dopo il portale d’accesso è in stile gotico, con pianta irregolare e un pozzo al centro. Il chiostro grande invece venne realizzato da Giovanni Buora e ha tre lati che racchiudono l’adiacente giardino di magnolie.

All’interno il cimitero è diviso in tre aree, a seconda della confessione religiosa: cattolica, ortodossa ed evangelica. Manca una parte riservata alla religione ebraica perché esiste un cimitero dedicato al Lido.


Sepolture illustri a San Michele

Molti i nomi celebri che si possono leggere sulle pietre tombali, visitando il cimitero. Qui si trovano personaggi legati alla storia cittadina, ma anche al mondo dell’arte, della musica, dello spettacolo e dello sport. Uomini e donne, veneziani e non, che hanno scelto la città di Venezia come ultima dimora.

Eccone alcuni.

Igor' Fëdorovič Stravinskij che in vita aveva espresso la volontà di essere sepolto a Venezia accanto alla tomba di Sergej Djagilev, suo vecchio collaboratore.

Luigi Nono, compositore, ma anche scrittore e politico.

Cesco Baseggio, celebre interprete di tante opere del teatro dialettale veneto.

L’attrice Lauretta Masiero, per anni volto noto a teatro, nel cinema e in televisione.

Il pittore e incisore Emilio Vedova, sepolto nel settore ortodosso del cimitero.

Lo scultore Luigi Zandomeneghi, autore con il figlio Pietro del bellissimo monumento funebre di Tiziano nella chiesa di S.Maria Gloriosa dei Frari.

Christian Doppler, matematico e fisico austriaco. Famoso per aver le sue teorie poi diventate famose con il nome di “effetto Doppler”.

Ezra Pound, poeta, saggista e traduttore nato negli Stati Uniti, ma vissuto per la maggior parte della sua vita in Italia.

Helenio Herrera, calciatore argentino e considerato uno dei migliori allenatori di sempre. Oggi è sepolto nel settore ortodosso del cimitero di quella che era diventata la sua città negli ultimi anni di vita.

Alessandro Poerio patriota e poeta napoletano, ferito gravemente a Mestre durante la Sortita di Forte Marghera durante i moti del 1848.

Gino Allegri, aviatore e militare veneziano che partecipò al volo su Vienna di D’Annunzio e decorato della medaglia d’oro al valor militare nel 1921, tre anni dopo la morte.

Giacinto Gallina, commediografo considerato l’erede di Carlo Goldoni.

Sergej Diaghilew, coreografo ideatore dei "ballets russes".

L’isola di San Michele è un piccolo luogo lontano dal caos delle calli, ma vicino a Venezia quanto basta per essere parte integrante della città.

Visitarlo è un'esperienza sicuramente interessante dal punto di vista storico e culturale, ma ricordiamo che si tratta pur sempre di un luogo sacro. Chi inserisce questa tappa nell’itinerario veneziano deve sempre ricordare di entrarvi con il massimo rispetto.