Le origini: è qui che nasce il mito veneziano

Quando si pensa a Venezia si pensa sempre al Ponte di Rialto, che sembra sorgere dalle acque del Canale Grande, così particolare nella sua struttura, con le sue botteghe.

Ma Rialto è molto di più. E' la parte più antica di Venezia, il primo insediamento chiamato Rivo Altus che ha dato poi via alla nascita del mito veneziano. Già, un nome singolare che stava ad indicare che in quel punto, proprio dove il Canal Grande si piega nella sua prima curva, il terreno era più sodo ed elevato. Bello! Peccato che il tempo cambi le cose ed ora questa stessa zona sia una delle prime ad "andar sotto" (allagarsi) quando la marea della Laguna sale più del dovuto.

E su questo pezzo di terra che si insedia il primo ristretto aggregato urbano, sulla riva destra. E a riprova di questo è proprio la struttura degli isolati ancora esistenti tra Ruga Vecchia e la Riva del Vin, tra Ruga degli Spezieri e la Pescaria: qui la trama della città è a pettine, con isolati lunghi che si alternano a calli strette, ed è rimasta inalterata nei secoli. Ed è qui che sorge la Chiesa di San Giacometo, nell'omonimo Campo, che pare essere l'edificio di culto più antico della città, risalente addirittura al V secolo, anche se la struttura attuale è invece frutto di un rifacimento dell'XI o XII secolo. Voluta come voto da un certo Candioto o Eutinopo intercorso col Santo per domare un incendio, presenta una pianta a croce sormontata da una cupola, con un interno sobrio e lineare seppur ricco di marmi. Ma la parte interessante e senz'altro l'esterno con i suoi tre elementi più connotativi: il porticato gotico del Trecento che protegge l'ingresso e si proietta verso il Campo, un rarissimo esempio qui a Venezia; il campanile che non da slancio alla facciata ma termina con un’elegante struttura marmorea sormontata dalla statua del Santo; e l'orologio tondo e dalle ampie dimensioni tali da diventare il protagonista della facciata, segnava le ore delle attività della giornata.

Luogo importante il nucleo realtino e nel Campo della Chiesa di San Giacometo venivano annunciate a gran voce le leggi e le decisioni che lo Stato prendeva, soprattutto le sentenze capitali. Queste erano lette alla popolazione dagli araldi dall'alto di un monco di colonna in granito, la pietra del bando, a cui si accedeva grazie ad una piccola gradinata marmorea sorretta dalla scultura di un uomo ricurvo nell'azione, e per questo ribattezzato dai veneziani "gobbo di Rialto". Questa statua era anche il traguardo a cui dovevano giungere i ladri nel Cinquecento, condannati a correre nudi dalle colonne di San Marco e San Teodoro, dalla Piazzetta San Marco, percorrendo le Mercerie tra due ali di folla che lanciava atroci frustrate imbevute di zolfo. Pensate che sofferenza! Era così tanto il dolore che i delinquenti una volta giunti alla statua, e quindi alla fine di quel terribile percorso, abbracciavano e baciavano il gobbo. Ma i sacerdoti della dirimpettaia chiesa urlarono all'idolatria di un simbolo pagano e chiesero, ed ottennero dal Consiglio dei Dieci, che la fine di quel percorso diventasse un simbolo cristiano. Fu allora che si incastrò una croce metallica nel primo pilastro, verso sinistra, del colonnato alle spalle del gobbo ed è lì che dovevano rivolgere i loro ringraziamenti i ladri. In realtà questa è una storia semplice dietro la quale si cela una più complessa motivazione. Inizi del Cinquecento, siamo in un periodo storico estremamente delicato in cui Venezia aveva l'estensione territoriale più ampia della sua storia ed era anche lo Stato autonomo più longevo, e dunque il resto d'Europa decise di fermare l'inarrestabile ascesa della Repubblica. Senza entrare nel dettaglio della storia, ma sappiate che Venezia ne uscì con le ossa rotta, o possiamo dire che furono spezzate le ali al Leone. Allora per risollevare le sorti della Serenissima, termine coniato proprio in quegli anni, lo Stato non agì militarmente ma lavorò ideologicamente sul mito della sua origine. Si scelse dunque come data di fondazione il 25 Marzo, data estremamente simbolica essendo il giorno del calvario e della crocifissione di Cristo che redime così l'umanità tutta. Con questo Venezia "metteva agli atti" la sua diretta discendenza divina, divenendo emblema della legge e della giustizia ultraterrena. In questa ottica, dunque, quel percorso da San Marco a Rialto dei ladri cambia del tutto il suo significato, rappresentando così un percorso di riscatto e di salvezza, così come lo era stato il calvario di Cristo, e certamente non poteva concludersi con un simbolo pagano, ma si necessitava di una raffigurazione cristiana, che reincarnasse il nuovo mito divino di Venezia: e la croce è l'unico simbolo di redenzione possibile. Sopra quella croce vi è il segno di San Marco, proprio a rappresentare la giustizia divina sulla terra.

E voi, riuscite a trovarla la croce?


Il mercato di Rialto ieri e oggi: suoni, colori e profumi della venezianità più genuina

Rivo Altus cresceva col passare del tempo e accresceva la sua importanza perchè in questo nucleo si praticava il commercio. Divenne il cuore commerciale e mercantile di Venezia, a cui si contrapponeva il cuore amministrativo ed ecclesiastico di Piazza San Marco. La Serenissima divenne ricca e potente qui, a Rialto, tra strette calli e ampi campi in cui si svolgevano le attività mercantili, dove giungevano i mercanti da tutto il mondo per affari e scambi di merci: un mercato, quindi, molto internazionale, dove il suono di lingue straniere riecheggiava ormai familiare, come un prototipo di city europea.

Qui a Rialto si concentrarono le funzioni non solo commerciali ma anche burocratiche, le magistrature finanziarie. C'era il foro mercantile con i banchi su cui si stringevano affari, la stadera pubblica che stabiliva le misure e i dazi del pesce, il fondaco della farina. Lungo le rive del Canal Grande si vendeva il ferro, il carbone ed erano posizionati gli approdi per il commercio del vino per le malvasie: ecco perchè ora ai lati del Ponte si trovano la Riva del Carbon, la Riva del Vin, la Riva del Ferro. Nelle calli interne, dette rughe per la presenza di botteghe, si svolgevano tutte le attività commerciali specializzate. La più famosa era Ruga de i Spezieri, tappa fondamentale della celebre "via delle spezie": è qui che arrivavano le preziose e costose spezie provenienti dai traffici marittimi che la Serenissima tesseva con il mondo di Levante. E' qui che venivano preparati i "sacheti veneziani di speciarie", prodotti pronti all'uso. Ed è da qui che la Serenissima praticava il traffico e la loro diffusione per il resto d'Europa. Su tutto il mercato, considerato un vero tesoro, vigilavano le magistrature per la correttezza dello svolgimento delle attività e degli affari.

Questa isola felice era definita "di tutto il mondo la più ricchissima parte". Ma il 10 gennaio 1514 un incendio sviluppatosi da una bottega mandò tutto in fumo, complici un vento di tramontana e le acque del Canal Grande gelate. Un momento drammatico ma il cuore realtino riuscì a sollevarsi con una ricostruzione incredibile che portò alla trasformazione dell'area. Tutto non senza un gran dibattito, come sempre avviene in caso di cambiamento. La struttura del mercato fu delineata in modo preciso e ordinato, organizzata per ottimizzare gli spazi e rendere semplice lo svolgimento delle attività. Una struttura che ancora oggi vive in questa parte di città. Furono realizzati edifici di egual altezza, un campo quadrato e i margini prospicienti le rive furono lasciati aperti. Sotto i portici furono sistemate le botteghe degli orafi che commerciavano ori e pietre preziose, richieste anche per i loro poteri magici e terapeutici; nel Campo di Rialto, detto Erbaria, si collocarono i banchi di verdure, alla Naranseria, ossia l'aranceria, si commerciavano agrumi e frutta, nel Campo de le Beccarie carni e pollami. Nelle logge della Pescaria arrivava il pesce fresco, oggi protetta da una struttura del Novecento in stile Neoclassico realizzata con un loggiato al pianto terra in cui si svolge il mercato, e le cui colonne sono ornate da sculture che riportano le sembianza di varie creature marine, mentre l'interno è chiuso con un soffitto a travi lignee tipico veneziano; il piano superiore è in parte chiuso ed in parte si apre con una magnifica terrazza sul Canal Grande. All'esterno dell'ingresso una stele in marmo riporta i nomi in veneziano, le misure e i pesi minimi del pesce venduto.

Intorno si dislocavano i fondaci per le merci più ricche, tante osterie per il ristoro dei lavoratori e le locande per il pernottamento dei mercanti stranieri.

Il mercato di Rialto non è cambiato poi molto da allora, ancora oggi estremamente vivace e colorato, inondato di suoni e profumi, dove le voci straniere dei mercanti sono state sostituire da quelle dei tanti turisti che scelgono di visitarlo e che si uniscono a quelle dei veneziani, in un amalgama sonora allegra e senza tempo. E' forse il cuore più genuino della città, dove potrete incontrare la quotidianità vera di questa comunità, che riporta alla dimensione corretta di una città cosmopolita e internazionale da sempre, come la storia ci ha insegnati.

Andate al mercato di Rialto di mattina presto, immergetevi in questa folle normalità, lasciatevi assordare dalle mille voci e trasportare dai profumi, riempitevi gli occhi dei tanti colori, chiacchierate con i venditori. Tornateci la sera per una cena o semplicemente per uno spritz, lì dove il Canal Grande si fa più stretto tanto da parer toccare la riva opposta, all'ombra di sua maestà il Ponte di Rialto.

Un'esperienza day&night, tra allegra follia e romanticismo.


Il ponte di Rialto: la storia tra ardita ingegneria, diavolo e anime sacrificate

Sua Maestà il Ponte di Rialto! Che ha sfidato le invisibili forze della statica e l'intervento del Diavolo per giungere fino a noi con il suo carico di avvenimenti storici e narrazioni leggendarie.

E' una bella emozione arrivare a Venezia, percorrere il Canal Grande e passare sotto la sua immensa arcata. Quando si è ai suoi piedi si scalpita per la voglia di correre su, ammirare la città da un punto così alto. Ma forse non tutti sanno che quello di Rialto è stato in assoluto il primo ponte costruito a Venezia, in un momento storico ed urbanistico in cui i collegamenti erano esclusivamente acquei. Come abbiamo detto nel precedente paragrafo nel cuore rialtino si praticava il commercio e dunque intenso era il traffico di mercanti ed artigiani, che necessitavano anche un continuo spostamento da una sponda all'altra del Canal. Questo avveniva grazie a delle gondole pagando un quartarolo, un quarto della moneta veneziana di allora. Scomodo a dirsi, figurarsi a farsi, e allora si pensò di realizzare un collegamento diretto, che consentisse di passare dall'una all'altra riva liberamente. Siamo nel 1175 e nell'immediato fu scelta la soluzione più facile, cioè un ponte realizzato con l'accostamento di barche tenute insieme da tavole e pali in legno. Dieci anni dopo su sostituito da una struttura realizzata da Nicolò Baretieri in parte sostenuta da pali e in parte sospesa sul Canal, a cui fu dato il nome di "Quartarolo", proprio come il soldo che si pagava per essere traghettati da una sponda all'altra.

Ma con la crescita di Rialto come cuore dell'economia e del commercio quel passaggio divenne indispensabile e dunque si decise di realizzare una struttura molto più solida e duratura: fu realizzato così il primo Ponte di Rialto, sempre in legno, a due sponde e con la parte centrale capace di sollevarsi per consentire il passaggio delle navi con l'alto albero ma soprattutto per permettere la navigazione del Bucintoro sul quale viaggiava Doge. Questo ponte è vero che sosteneva l'inteso traffico di artigiani e venditori, ma assicurava anche il legame con San Marco, centro nevralgico della politica della Serenissima. Soggetto ad uso eccessivo e quindi a continui interventi manutentivi, nel 1458 furono aggiunti banchi e botteghe ai bordi dell'impalcato, che diverranno poi segno caratteristico del ponte: gli affitti di questi spazi commerciali, pagati alla Tesoreria di Stato, servivano per la manutenzione frequente del ponte. Ma non bastavano, e il ponte crollò diverse volte, fino a registrare due vittime nel Cinquecento.

Questi avvenimenti portarono alla decisione di realizzare una struttura in pietra, solida e durevole nel tempo. Siamo poco oltre la seconda metà del Cinquecento e fu bandito un concorso a cui parteciparono tanti artisti noti del tempo, tra cui figuravano Michelangelo, Sansovino, Scamozzi e Palladio, il cui progetto è possibile ammirarlo in un celebre capriccio di artista di Canaletto. Ma vincitore risultò Antonio da Ponte (quando si dice nomen omen) poichè fu l'unico che progettò una soluzione di ponte ad una campata unica, che rendeva la linea architettonica elegante e sinuosa, che dolcemente accarezzava l'acqua fino ad immergersi. Ma l'idea di Antonio da Ponte non era solo una scelta estetica, ma soprattutto statica e di praticità, poichè consentiva una libera e semplice navigazione sotto il suo impalcato.

Il nuovo ponte si presentava con un'unica arcata di 28 metri di corda ("raggio" dell'arco) sostenuta da 12 mila pali in legno di olmo conficcati nel sottosuolo per le fondazioni e ripartito in tre rampe: quella centrale larga 10 metri, con i suoi gradini ampi che accompagna al punto più alto, dove due "archi trionfali" sormontati da cornicione triangolare permettono di raccordarsi con le due rampe laterali, più strette, di circa 3 metri ciascuna che consentono allo sguardo di chi le percorrere di abbracciare la città da ambo i lati, in un singolare insieme di prospettive e punti di vista sempre differenti. Tra la rampa centrale e le due laterali trovano collocazione ventiquattro botteghe, tutte terminanti con cornici ad arco che insieme a quello centrale creano una geometrica ma morbida continuità architettonica: sono un ricordo del passato ma anche una gradevole prefazione per l'area commerciale posta ai piedi delle due sponde.

Oltre agli elementi architettonici, il Ponte di Rialto non è adornato di molti decori, ma tutte le decorazioni sono riservate alle sponde che prospettano sul Canal Grande: da un lato troviamo le sculture dell'Annunciazione con l'Arcangelo Gabriele e la Vergine Maria, opera di Agostino Rubini; dall'altro le sculture di San Marco e San Teodoro, i due protettori della città scolpiti da Tiziano Aspetti.

La leggenda che accompagna la realizzazione del ponte narra di grandi scetticismi e perplessità da parte dei veneziani per questa struttura ad una sola arcata sospesa sulle acque, ritenendo eccessivamente audace la proposta. Donne che promettevano di farsi bruciare le parti intime se il ponte fosse rimasto in piedi, ed uomini che aspettavano la realizzazione del ponte siffatto solo quando il loro membro avesse messo l'unghia. Questo scetticismo è oggi possibile ammirarlo essendo rimasto scolpito nei capitelli del Palazzo dei Camerleghi ai piedi del Ponte prima di arrivare al Campo di San Giacometo: una vecchia con ali e zampe di animale che seduta si lascia bruciare le parti intime ed un uomo con tre zampe artigliate.

Ma l'incredulità popolare scomodò persino Lucifero, che i veneziani chiamavano saracino: pare che il saracino si palesò ad Antonio da Ponte chiedendogli in cambio l'animo della persona che per prima avrebbe attraversato il ponte in cambio della buona riuscita del progetto. Da Ponte, credendosi furbo, fece in modo che la prima anima fosse quella di un essere vivente, ossia un gallo. Il diavolo, scoperto l'inganno, si travestì da buon uomo e fece visita alla moglie incinta dell'artista, dicendole che il marito l'aspettava al di là del ponte. La donna credette alle sue parole e andò: "inevitabile il baratto di anime sacrificate al successo, quelle della moglie e del figlio del giovane artista, che non trovano pace e ancora vagano sul ponte nelle notti fredde"....

Ma è di notte che il Ponte di Rialto rivela la sua più straordinaria magia!