“Tentare di spiegare un mio quadro è come tentare di spiegare un po’ tutta la tua vita, e questo a un certo punto diventa impossibile”
Emilio Vedova

Una pittura violenta, feroce, ma anche materica che unisce una pittura d’azione con una pittura fatta di “segni”. Per intenderci, il lavoro di Emilio Vedova, unico nel panorama italiano dell’epoca, aveva qualche elemento in comune con l’action painting dell’americano Jackson Pollock, ma univa alla totale improvvisazione “il segno” anche ripetuto, costruito e poi distrutto dalla potenza dei suoi gesti fisici a contatto con la tela. Dobbiamo considerare Vedova come uno degli artisti italiani che restituiscono dignità e notorietà alla pittura veneziana, sulla scia dei maestri del passato come Tiziano, Giorgione, Guardi, Tintoretto, Tiepolo e tanti altri.

La Fondazione Emilio e Annabianca Vedova: il racconto della pittura d'avanguardia nel dopoguerra

La Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, fondata proprio dal pittore e dalla moglie, nasce con lo scopo necessario di valorizzazione delle esperienze artistiche dell’epoca, concentrando le proprie attenzioni nello studio e nella ricerca attorno ai lavori di Emilio Vedova e alla sua figura, facendo comunque attenzione a tutti i linguaggi dell’arte che hanno animato la seconda metà del Novecento. Il lavoro che compie attualmente la Fondazione è molto vario, e va dallo studio e ricerche, all'analisi delle opere, alla promozione e all'esposizione, organizzando anche laboratori didattici, convegni, borse di studio e premi. Tutta questa mole di lavoro segue irremovibilmente la volontà dell’artista che vedeva nella conservazione, tutela e successiva divulgazione del suo lavoro un'unica iniziativa che non poteva essere disgiunta, al fine di poter raccontare al meglio quegli straordinari percorsi dell'avanguardia pittorica in Italia.

Iniziano gli anni '50 e i linguaggi dell'astrazione e dell'informale, nel senso di "senza forma", si impongono sempre più sulla scena internazionale dell'arte attraendo in Italia una serie di giovani artisti che si riuniranno a loro volta in molteplici gruppi "d'azione". Vedova invece, partecipò attivamente per un anno solo, tra il 1952 e il 1953, alle attività di uno di questi, il cosiddetto Gruppo degli Otto, che acuiva ancor di più l'insanabile spaccatura avvenuta tra gli artisti figurativi e quelli appunto informali. Assieme a lui lavorarono anche Afro Basaldella, Renato Birolli, Antonio Corpora, Mattia Moreni, Ennio Morlotti, Giuseppe Santomaso e Giulio Turcato, tutti grandi maestri anti-figurativi, riconosciuti a livello internazionale.

Al di là di questa esperienza, possiamo riconoscere in Emilio Vedova una figura di difficile collocazione, che molto spesso si muoveva in maniera solitaria e distante dalle vicissitudini del mondo dell'arte. Anche per questo è facile intuire il perché della sua scelta di continuare a vivere nella sua amata Venezia, lontano dai centri artistici che l'Europa e la stessa Italia offrivano. Un legame indissolubile con la città e con la sua storia dell'arte, e che nonostante il brusco taglio nei confronti della tradizione, vedeva in Vedova uno studioso e scopritore del passato, che veniva trattato con il giusto peso e rispetto. 

Gli spazi espositivi della Fondazione: lo Spazio Vedova

La Fondazione realizza tutte le sue attività articolandosi su due sedi espositive entrambe nel sestiere Dorsoduro: lo Spazio Vedova e i Magazzini del sale.

Lo Spazio Vedova è l’ultimo atelier in cui il maestro ha lavorato, sulle Fondamenta Zattere, non troppo distante dalla Basilica di Santa Maria della Salute. In questo suo grande “antro” si percepisce ancora l’atmosfera di simbiosi con il luogo, che divenne praticamente la sua casa oltre che il luogo in cui ha prodotto gran parte dei suoi lavori a partire dagli anni ’70. 

Si tratta di un antico squero (luogo in cui si realizzavano le imbarcazioni) del '500, uno spazio lungo e curvo, con le sue pareti alte e sghembe, che accoglie la luce dall'alto proveniente da grandi lucernari. Segno caratterizzante di questo spazio sono le magnifiche capriate in legno che sostengono il tetto, "quasi ad aiutare e tenere insieme quel senso tutto veneziano di mobile precarietà così presente in tante opere di Vedova."

E questo luogo apparentemente immobile che viene reso dinamico e vivo dal passaggio del maestro, e viene trasformato in un vibrante laboratorio dove nascono incredibili relazioni tra idee e opere, tra arte e vita, tra utopia e realtà: un occhio sulla Laguna e sul mondo.

Il maestro amava intensamente questo spazio, e lo viveva con grande passione, rinnovando in esso la sua personale esperienza artistica, ritrovando quotidianamente la concentrazione necessaria all'arte. E' qui che nascono i grandi cicli di opere come Plurimi Binari, i Dischi, i Tondi, i Oltre, i Carnevali, i Continuum.

Negli ultimi anni, grazie all'intervento dell'amico Renzo Piano, architetto dal richiamo internazionale, lo spazio si è rinnovato pur mantenendo il suo carattere strettamente veneziano e soprattutto lasciando inalterato lo spirito di Vedova: è nato così un importante archivio, che consentirà lo studio, la conservazione e il restauro delle opere del maestro, e una zona centrale molto flessibile, che sarà palcoscenico di mostre, conferenze, e dibattiti.

Come Vedova desiderava.


Lo Spazio Vedova è: Zattere, Dorsoduro 50 , 30123 


Gli spazi espositivi della Fondazione: i Magazzini del Sale

Ai Magazzini del Sale invece, sono legate invece diverse esperienze artistiche e umane di Vedova: in uno dei nove magazzini, infatti, c’era il grande studio in cui era solito riunire e animare tutta la scena artistica veneziana, e non solo.

Parliamo comunque di un luogo di secolare importanza per la città, costruito quasi sicuramente nella prima metà del '400, data anche la sua presenza nella famosa mappa di Venezia del pittore Jacopo de' Barbari. Il grosso edificio si trovava in un punto in cui era facilmente possibile attraccare le zattere o altre imbarcazioni che distribuivano le merci entrate in città: dinanzi al Canale della Giudecca. Fu successivamente che proprio in quegli spazi si decise di sviluppare un deposito per il sale, uno dei prodotti più importanti per l'economia della Serenissima, necessario per la conservazione delle riserve di cibo. L'eccezionale magazzino fu restaurato all'inizio dell'Ottocento da Alvise Pigazzi e fu dismesso durante il Novecento, dove andò incontro ad un periodo di decadenza.

Nel 1973 il Comune di Venezia decise di abbattere questo antico edificio, per costruirvi delle piscine. I lavori di demolizione iniziarono e fu proprio il maestro ad avviare un grande intervento di protesta a difesa di quell'architettura “remota” che nel frattempo era diventata un’incubatrice di fenomeni d’arte contemporanea, di cultura e di avanguardia pittorica. Pur riuscendo a bloccare il progetto comunale, i lavori danneggiarono irrimediabilmente i solai e alcune pareti interne.

Emilio e Annabianca risposero a questa volontà del Comune di cancellare dal profilo di Venezia i Magazzini del Sale con una protesta silenziosa ma potente: alla testa di un corteo cui parteciparono studenti, intellettuali, artisti e sostenitori della conservazione del bene parteciparono in silenzio alla seduta di un Consiglio Comunale, ponendo in bella mostra una enorme stampa della pianta di Jacopo dè Barbari. Quell'episodio fu la svolta, per i Magazzini e per Venezia.

I Magazzini erano salvi. Occorreva ora dare loro una nuova vita, e per questo i coniugi Vedova chiamarono un amico, l'architetto per eccellenza, Renzo Piano.

L'architetto genovese operò un restauro conservativo, preservando la struttura e l'anima originaria di quello spazio: un lavoro difficile, vista l'ampiezza del salone, che risulta irregolare e asimmetrico, lungo oltre 70 metri, largo 9 e alto ben 8. Lo spazio realizzato, la Fondazione Vedova è un luogo dedicato interamente alle opere del maestro e vuole esaltare il rapporto che questi aveva con questo sito.

Il progetto aveva 3 elementi principali: la zona d'ingresso, lo spazio espositivo e la modalità di esposizione delle opere.

L'ingresso è connotato da due grandi pareti asimmetriche che divergono tra loro, ed è completamente rivestito, dalle pareti al pavimento, con doghe in legno di larice: accoglie i visitatori e sembra avvolgerli nell'abbraccio caloroso di Emilio Vedova. In questa area sono contenuti anche tutti i servizi

Da qui si accede poi agli spazi espositivi, dove Piano ci ha tenuto a conservare le pareti di mattoni rossi e le capriate lignee originarie che sostengono il tetto. L'unico intervento è stato posare un leggero impalcato in legno sui masegni originari per dare maggiore forza alla percezione prospettica del salone. Sotto questo impalcato sono stati collocati tutti gli impianti che usufruiscono di fonti di energia rinnovabili, per un consumo ecosostenibile: sonde geotermiche riescono a fornire una climatizzazione senza sprechi, ed un controllo computerizzato dell'elettricità, al fine di favorire il minor spreco possibile.

Ma la particolarità di questo spazio sta nella modalità di esposizione delle opere di Vedova: Renzo Piano ha progettato un sistema robotizzato che riesce a cambiare sempre l'esposizione cambiando la disposizione delle opere. Si tratta di un lungo binario che agganciato alle capriate del tetto percorre il salone da parte a parte. Su questo binario sono agganciati dei bracci mobili ed estendibili che sorreggono le opere, racchiuse in strutture metalliche. Queste vengono tutte conservate nella parte finale del salone e all'occorrenza vengono spostate nello spazio accessibile ai visitatori, vengono collocate in punti precisi e ad altezze specifiche, affinchè si abbia il maggior e miglio godimento di esse. Un macro schedario che diventa una vera e propria macchina scenica, che, come sul palcoscenico di un teatro, consente un continuo cambio della "scenografia", lasciando che le opere del maestro vengano svelate pian piano, consentendo ai visitatori di muoversi liberamente tra di loro.

E' vero, si tratta di una vera e propria diavoleria tecnologica, ma vedrete che è una istallazione semplice e soprattutto rispettosa del luogo che la ospita e dalla struttura che la sostiene.

Come Vedova desiderava!


I Magazzini del Sale sono: Zattere, Dorsoduro 266 , 30123