Venezia è donna, con la sua struttura a forma di pesce che ricorda la coda di una sinuosa sirena coricata dolcemente nelle basse acque della Laguna. Troppo spesso, quando si narra la storia di Venezia, si racconta sempre di figure maschili: tanti dogi e patriarchi, viaggiatori scrittori e artisti, impenitenti seduttori. Non si fa mai menzione di eccelse figure femminili che hanno scritto straordinarie pagine si storia, antica e moderna. La donne di Venezia si sono sempre contraddistinte per intelligenza e eleganza: ai tempi della Repubblica erano considerate le aristocratiche più raffinate, indossando abiti eleganti e sontuosi, completati sempre da gioielli preziosi e make up che rendeva sinuose le labbra e intriganti gli sguardi. Ma si trattava di donne libertine, ben consapevoli delle loro capacità e della loro forza: dedite allo studio e alla lettura, hanno sempre avuto un ruolo importante. Oggi, come allora, le signore di Venezia si fanno notare per le loro capacità, per la loro eleganza e cura dei dettagli, per il sorriso e la gentilezza. Certo, si arrabbiano anche, come tutte le donne che hanno un carattere forte e una personalità spiccata. La storia, di ieri e oggi, ci insegna come le donne veneziane avessero grande amor proprio e rispetto per se stesse, caratteristiche fondamentali per vivere in un mondo di uomini, senza venirne dominate. Ma nonostante questo, e nonostante l'aria culturale e cosmopolita che si respirava alla Serenissima, le sue donne non riuscirono mai ad abbattere il muro di alcuni pregiudizi che le teneva fuori dagli ambiti del potere, considerati ad esclusivo appannaggio degli uomini.

E' a Venezia, però, che nasce per prima l'indipendenza professionale femminile che ha visto consolidate figure lavorative ancora oggi orgoglio nel mondo. Parlo delle merlettaie di Burano capaci di farsi protagoniste di un'arte straordinaria, ambita dalle nobili delle più grandi corti europee, e che ancora oggi è considerata un vero e proprio tesoro; e delle meravigliose impiraresse, le donne che con l'utilizzo di piccole perle in vetro di Murano realizzavano, e realizzano ancora oggi, splendidi gioielli che adornano i decolleté delle donne di tutto il mondo.

Vi racconto solo alcune delle straordinarie storie al femminile di Venezia.


Elena Lucrezia Corner Piscopia: la prima donna laureata al mondo

La prima donna laureata al mondo era veneziana!

Si trattava di Elena Lucrezia Corner Piscopia. Figlia di un matrimonio considerato scandaloso tra il ricco procuratore Giovanni Corner Piscopia e Zanetta Bon, donna di estrazione popolare, Elena era una ragazza molto timida e modesta, al punto da considerare di trascorrere la propria vita in un convento. Ma l'amore per lo studio l'appassionò sempre molto divenendo prevalente: spaziava dai libri di latino e di greco, dall'ebraico allo spagnolo, tanto da meritarsi l'appellativo di oraculum septilingue. Ma conosceva bene anche la matematica e la musica, la dialettica, l'astronomia, la filosofia e la teologia. Ed erano proprio gli studi di teologia che Elena avrebbe voluto approfondire durante il suo percorso universitario, ma questa possibilità le fu negata dalla Chiesa in quanto donna. Al tempo questa tipologia di studi erano esclusivamente maschili. Si dedicò dunque alla filosofia e conseguì la laurea all'università di Padova il 25 Giugno 1678 con una tesi su Aristotele. L'evento ebbe un così forte richiamo che vi assistettero circa 30 mila persone. Aveva poco più di 30 anni. Di seguito entrò a far parte del Collegio di medici e filosofi di Padova, ma non esercitò mai la professione. Dopo la laurea si dedicò ai bisognosi vestendo l'abito delle oblate benedettine. Morì a soli 38 anni.

La storia di Elena ci consente di ricordare che la Repubblica di Venezia fu la prima in Italia ad istituire la cattedra universitaria di matematica e a consentire le lezioni pubbliche di algebra. Ma anche a conferire borse di studio per gli studenti poveri e molto meritevoli che avevano difficoltà a portare avanti gli studi. Appoggiò anche le nuove teorie e forme di conoscenza, consentendo a Giordano Bruno e Galileo Galilei di effettuare le loro lezioni pubbliche, lì dove altrove erano vietate.

Era molto avanti la Serenissima...


Elisabetta Carminer Turra: la prima giornalista al mondo

Elisabetta Carminer Turra nacque a Venezia nel 1751. Cominciò a scrivere fin da giovanissima, grazie all'aiuto del padre Domenico, col quale collaborò a "L'Europa letteraria". Nel 1774 fondò "Il giornale enciclopedico" divenendo così la prima direttrice editoriale al mondo: si trattava di un periodico illuminista che con tempo e la direzione di Elisabetta acquisì sempre più importanza, divenendo uno dei principali giornali del genere del tempo. Raccolse intorno a se sempre figure di spicco della scienza e della letteratura: il salotto della sua casa di Vicenza, dove si era trasferita dopo aver sposato Antonio Turra, divenne uno dei più ambiti. Era il 1796 quando, assistendo ad una rappresentazione teatrale, fu colpita al petto da un soldato ubriaco: quel colpo fu così violento che la contusione generò un tumore che la uccise pochi mesi dopo.

Veronica Franco: la prostituta favorita della Serenissima

Vabbè, non tutte le donne della Serenissima sono passate alla storia per le loro capacità culturali. Altre sono entrate nella storia per "altre capacità"...

La Repubblica di Venezia fu da sempre il regno della libertà di espressione, e la prostituzione era "un'arte" molto diffusa, che divideva le prostitute in oneste, ossia quelle di alto livello, e quelle di lume, che accontentavano i ceti più bassi. Ce lo ricorda in città il Ponte delle Tette, nel Sestiere di San Polo, il cui nome riporta ad un periodo storico ben preciso. E' la fine del Quattrocento e nella liberissima ma cattolicissima Venezia si diffonde l'omosessualità: un "nuovo costume sessuale" alimentato anche dalla presenza dei forestieri provenienti dall'Oriente, mentalmente più aperti alla questione. Questo non era ben consentito in una città in cui era molto fervente il credo cristiano. Certo gli omosessuali non potevano essere considerati eretici e quindi non si poteva impiccarli tra le Colonne di San Marco! Allora si trovò una soluzione piuttosto singolare: si chiese aiuto alle prostitute della zona di San Cassiano e fu obbligato loro di mostrare il seno dai palazzi e dal ponte, così da attirare i passanti e riportarli sulla retta via, potremmo dire "in seno" al cristianesimo.

Veronica Franco era la più famosa delle cortigiane del periodo rinascimentale. Fu introdotta nel mondo della prostituzione dalla madre, ed esercitava nella zona del Ponte di Rialto. Si distinse per la sua forte personalità e il suo piglio, dimostrando di essere donna colta e molto charmante. Questo le consentì di entrare in contatto con gli uomini di potere che le aprirono le porte dei circoli letterari più importanti della città.

Alla sua attività di cortigiana accompagnò lo studio della poesia e verso la fine del Cinquecento pubblicò due volumi di poesie: "Terze rime" e "Lettere familiari a diversi". La grande visibilità di cui godette e l'adorazione dei più, le attirarono malevolenze da parte di donne invidiose e uomini che non potevano averla, al punto che dovette difendersi spesso davanti all'Inquisizione da accuse di stregoneria.

Ma non piegò mai la testa, dimostrando come certe scelte professionali non sempre collimano con l'animo e con la morale di chi quelle scelte le fa: sono tanti i motivi per cui una persona sceglie, non sempre condivisibili ma mai criticabili a prescindere. Di fatti la Franco si distinse anche per la sua generosità, realizzando un ospizio in cui potevano trovare rifugio le cortigiane e i loro figli.

Non sempre l'abito fa il monaco...


Caterina Corner: l'ultima regina della Serenissima

La storia di fine Quattrocento della Serenissima è legata fortemente al nome di Caterina Corner, regina di Cipro.

Appartenente alla nobile famiglia Corner, proprietari del sontuoso Cà Corner della Regina, Caterina a soli 14 anni, per volere dello zio Andrea Corner, sposò per procura il re di Cirpo, Giacomo II: la storia vuole che questi si fosse innamorato perdutamente della faniulla vedendola ritratta in un quadro. Uno sposalizio che pareva un contratto, che offriva vantaggi sia alla Serenissima, fortemente intenzionata ad espandere la sua potenza in quelle zone, e a Giacomo II, bisognoso di un alleato potente, poichè si trovava a dover gestire le pressioni dei genovesi su Famagosta, dei Turchi e della sorellastra Carlotta che lui aveva spodestato dal trono.

Il matrimonio vero fu celebrato solo 4 anni più tardi quando Caterina giunse sull'isola, nel 1472. Rimase subito incinta ma anche subito vedova: Giacomo II infatti l'anno dopo morì improvvisamente prima che ella potesse dare alla luce il figlio, il nato poi pochi mesi dopo e al quale fu dato il nome di Giacomo III. Vittima di congiure e di un testamento poco chiaro del re, oggetto di insidie da parte di Carlotta e dei 3 figli illegittimi del marito, Caterina in un primo momento non riuscì a regnare. Per di più le fu sottratto il figlio, affidato alla suocera. Fu privata anche dei gioielli della corona e del sigillo reale. Ma il momento più terribile della donna arrivò con la morte del figlioletto per febbre malarica, prima che questi avesse compiuto il primo anno di età. Il regno le fu giustamente restituito a seguito di un intervento propizio del provveditore Vettor Soranzo che, inviato dalla Repubblica veneziana sull'isola con 10 galee, riuscì a stabilire la pace permettendo a Caterina finalmente di regnare: ed ella lo fece con forza e piglio, mostrando carattere e forte personalità, degna figlia di una potenza che aveva conquistato il mondo. Dopo molti anni di reggenza, nel 1488 scoppiò una nuova congiura e a quel punto la Repubblica decise di richiamare a se la regina, costringendola contro ogni suo volere ad abdicare in favore della sua patria, che annesse così a se il regno di Cipro. Il ritorno in patria di Caterina fu un evento senza precedenti, sontuoso e sfarzoso, ricordato ancora oggi con l'annuale corteo che anticipa la Regata Storica, una delle manifestazioni più sentite della città. Era il 6 Giugno 1489. Ritornata alla Serenissima senza il titolo di regina, fu designata Domina di Asolo, nel cui castello si ritirò con la sua corte fino alla morte, avvenuta a Venezia nel 1501.

Oggi le sue spoglie riposano nella Chiesa di San Salvador, in un monumento funebre fatto realizzare per lei dal fratello Giorgio.

Una vita senz'altro piena, una della pagine di storia più importanti della Serenissima.


Eleonora Duse: la divina figlia ultimogenita di San Marco

Eleonora Giulia Amalia Duse è stata l'attrice simbolo del teatro italiano a cavallo tra Ottocento e Novecento: una fortissima personalità che ha marcato un'epoca, varcando i confini italiani e europei, arrivando finanche alle terre oltreoceano.

Iniziò presto la sua carriera nel teatro, a soli 4 anni, quando interpretò il ruolo di Cosette nella pieces "Les miserables", trasposizione del romanzo di Victor Hugo. E la grande popolarità arrivò più tardi, con un'opera di Emile Zola, "Terese Raquin", che le valsero il consenso unanime di pubblico e critica.

La recitazione della Duse aprì la strada ad un modo nuovo di fare teatro, una sorta di rivoluzione che ricordava quella più nota di Carlo Goldoni. Nelle sue interpretazioni metteva in forte discussione i valori della borghesia, fino ad allora intoccabili, affrontando tematiche difficili e spinose come il sesso, la famiglia, il matrimoni, il danaro e il ruolo della donna nella società, scoperchiando una vaso di Pandora: quella che veniva fuori era il ritratto di una società perbene solo nell'apparenza, ma ipocrita e marcia nella sostanza, in cui a farla da padrone era il denaro e gli interessi che gli giravano attorno, a discapito di emozioni vere e rapporti genuini. E per rappresentare questo la Duse non usava maschere: faceva a meno del trucco, sia in scena che nella vita privata, preferendo sempre mostrarsi al naturale, portando con orgoglio i suoi lineamenti molto marcati. Ed era bellissima!

Nacque a Vigevano nel 1858. E allora quale era il suo rapporto con Venezia? Eleonora si sentiva veneziana nell'animo e nel cuore, perchè il padre era originario di Chioggia, e perchè aveva sempre frequentato la città che le aveva regalato grandi successi professionali, ma soprattutto l'amore della sua vita, Gabriele D'Annunzio. L'incontro con il grande poeta risaliva al 1882 a Roma, e la Duse lo descrisse così "Già famoso e molto attraente, coi capelli biondi e qualcosa di ardente nella sua persona". Ma l'amore sbocciò in Laguna, soltanto nel 1894: una passione molto tormentata che durò 10 anni. Quel rapporto consentì a D'Annunzio di arrivare alla grande popolarità, poichè la celebre attrice portò in scena moltissimi suoi drammi, spesso finanziandoli essa stessa. Gabriele le diede l'appellativo di divina, dominata da una forza magnetica sì forte da catturare l'attenzione e l'amore di tutti. Nel 1900 le dedicò il romanzo "Il fuoco", emblema di un amore tormentato quanto forte che durò fino alla sua morte, quando egli scrisse "è morta quella che non meritai", definendola "la figlia ultimogenita di San Marco", rammendando il legame che univa la divina alla Serenissima, che fu cornice del loro amore.


Luisa Casati Stampa: la divina marchesa

Luisa Amman nacque a Milano nel 1881 da una ricchissima famiglia, poichè il padre era un produttore di cotone. Lei e la sorella Francesca ereditarono in età adolescenziale l'ingente patrimonio di famiglia, a causa della prematura morte dei genitori, ed iniziarono presto a lasciarsi ammaliare dalla vita lussuosa e principesca. Manifestò presto una personalità forte ed eccentrica, appassionandosi alla vita di grandi personaggi, come quella dell'Imperatrice d'Austria Sissi.

Il suo aspetto androgino, il fisico slanciato e magro, lo sguardo penetrante e sfacciato attirarono sempre l'attenzione di chi le era intorno. Poco più che maggiorenne scelse di legarsi in matrimonio al Marchese Camillo Casati Stampa di Soncino, divenendo la Marchesa Luisa Casati Stampa. Ma scoprì molto presto che la vita tranquilla di moglie e mamma (ebbe una sola figlia, Cristina) non concordava con il suo animo libero e ribelle agli stereotipi dell'epoca. Solo dopo 10 anni di matrimonio scelse di lasciare Milano per trasferirsi a Venezia e vivere in pieno il suo spirito eccentrico ed anticonformista. Acquistò il Palazzo Venier dei Leoni sul Canal Grande (attuale Museo Guggenheim): nella villa teneva feste e balli sontuosi che richiamavano personalità di spicco da ogni angolo di mondo, e popolò il giardino di animali esotici, come merli albini, gattopardi, pappagalli, boa e un ghepardo che la Marchesa amava portare a spasso con un guinzaglio di diamanti e pietre preziose, che ispirarono un celebre gioiello di Cartier, di cui la donna era cliente affezionata. Luisa era ricca, tanto, e amava il lusso e adorava ostentarlo, in barba alle difficoltà dei ceti più poveri. Le piaceva molto mostrare la sua stravaganza, quell'essere sopra le righe, fuori dagli schermi che ne fecero uno dei personaggi più emblematici ed iconici dell'epoca, e la disponibilità di un ingente patrimonio le consentirono di soddisfare ogni suo capriccio. Era egocentrica e desiderava sentire gli occhi appassionati della gente su di se: una delle sue abitudini più singolari era quella di passeggiare di sera in Piazza San Marco, nuda, coperta solo di un mantello di pelliccia tenendo per guinzaglio il suo ghepardo, mentre un fedele servo la seguiva con una torcia affinchè fosse illuminata nel buio della notte ed ammirata dai passanti.

Aveva un modo straordinariamente particolare di agghindarsi. I più grandi stilisti dell'epoca facevano a gara per realizzarle abiti su misura: vestiva sempre con tuniche plissè, lunghi pepli, fantasie animalier e indossava spesso copricapo svettanti e con strutture complesse, arricchiti poi di pietre e piume, che fecero di lei una vera e propria icona fashion del tempo. Ma era una donna che investiva anche molto nell'alta moda, pagando senza problemi ingenti somme di denaro per avere le stoffe migliori, come quella con cui fu realizzato il celebre abito "queen of the night", del couturier Bakst, che indossò ad un ballo in maschera parigino, completamento rivestito di diamanti!

Si distingueva anche per il trucco bizzarro, come il cerchio nero che si disegnava attorno agli occhi verdi, le cui pupille erano sempre dilatate con alcune gocce di belladonna e adornati con lunghissime ciglia finte, per uno sguardo ammaliante. Ovviamente immancabile la cipria che sbiancava l'incarnato, illuminato poi dal rossetto rosso fuoco.

La Marchesa non era affatto solo apparenza, ma anche molta sostanza. Donna intelligente e di gran cultura, si attorniò sempre dei personaggi culturalmente più in vista, diventando musa di grandi artisti come Giovanni Boldini che amava il suo sguardo luciferino e saturo di angoscia, Giacomo Balla, Umberto Boccioni, Filippo Tommaso Marinetti e Man Ray. La loro frequentazione la indottrinò alla conoscenza profonda dell'arte diventando poi un'importante ed apprezzata collezionista. Ma il suo scopo era quello di diventare essa stessa opera d'arte e per questo amava essere oggetto di quadri, sculture e fotografie, ad opera dei grandi artisti che conosceva o di giovani talenti che essa scovava.

La frequentazione dei circoli letterati le consentirono di incontrare Gabriele D'Annunzio con il quale visse una lunga storia d'amore clandestina, essendo ella ancora sposata col Marchese. Il poeta l'amò alla follia, lasciandosi ispirare per molte sue opere, come Forse che si, Forse che no, in cui la scrittura della protagonista Isabella Inghirami è un chiaro omaggio alla sua amata che il Vate adorava chiamare Kore, come la regina degli inferi, e che appellò come divina marchesa.

Il lusso sfrenato della Casati non durò in eterno e negli ultimi anni della sua vita lasciò Venezia per Londra, dove nel 1957 morì in totale miseria.

"Essere diversi significa essere soli. Non amo l'ordinario, quindi sono sola." cit. Marchesa Luisa Casati Stampa


Peggy Guggenheim: l'ultima dogaressa

Peggy Guggenheim, l'ultima dogaressa di Venezia: una straordinaria collezionista d'arte e una donna di grande sensibilità, mecenate e protettrice di tutte le arti. Una figura internazionale che ha scritto una meravigliosa pagina di storia veneziana, che ancora oggi milioni di visitatori sfogliano immergendosi nel magnifico mondo di Peggy.

Nata a New York alla fine dell'Ottocento da una famiglia abbiente, la condizione economica e culturale in cui visse le consentì di seguire e assecondare le sue passioni, nonostante la perdita del padre nella sciagura del Titanic. Donna intelligente e sensibile, mostrò da subito grande interesse per il mondo dell'arte e la sua posizione sociale le permise bene presto di cominciare a collezionare opere, grazie anche al suo matrimonio con l'artista Laurence Vail: fu lui a permetterle di entrare in contatto con i grandi esponenti dell'arte moderna, alcuni dei quali rimasero nella sua cerchia di amici intimi per tutta la vita, come Marcel Duchamp che la aiuterò molto nella comprensione delle opere, base didattica fondamentale per la sua ricerca futura di artisti in erba. La passione ed il sostegno per le avanguardie fecero di Peggy un vero faro per gli artisti del dopoguerra e nel 1938 inaugurò a Londra la Prima Galleria Guggenheim, nella quale espose per la prima volta in Inghilterra Vasily Kandisky: fu il primo passo verso una brillante carriera.

Di tale importanza divenne la sua collezione che nel 1948 venne invitata ad esporla alla prima Biennale d'Arte di Venezia: si innamorò a tal punto della città che decise di trasferire in Laguna la sua vita e la sua collezione. In quello stesso anno acquistò il Palazzo Venier dei Leoni e lo trasformò in una casa-museo: il suo intento era quello di rendere l'arte contemporanea accessibile a tutti ed è per questo che soleva aprire le porte della sua casa per far conoscere le sue opere. Gratuitamente, solo per amore della diffusione della bellezza. Di tale fascino era la sua collezione che divenne, insieme alla sua persona, punto di riferimento nel panorama mondiale dell'arte contemporanea. Dopo la sua morte la collezione con il palazzo furono donati, per suo volere, alla Fondazione Solomon R. Guggenheim dello zio, che comprende il famoso museo newyorkese opera di Frank Lloyd Wright.

Oggi il museo con le sue numerosissime presenze risulta essere il secondo museo più visitato di Venezia. Visitarlo significa immergersi nella vita e nelle passioni della grande donna che lo ha curato come un figlio e che ne ha veicolato l'importante messaggio per tutta la vita: l'arte può appartenere a tutti e tutti devono poterne godere.

Peggy, era una donna estremamente moderna, dal grande fascino e dalla profonda sensibilità che seppe vivere appieno la sua epoca e seppe dare un profondo senso alle sue passioni. Dal carattere forte, amava trascorrere il suo tempo libero circondata dai suoi adorati cagnolini, al punto che la sua salma è seppellita accanto a loro nel giardino del palazzo. Personalità eclettica che divenne icona anche per l'uso di accessori ingombranti e bizzarri, come i suoi strambi ed originali orecchini. Ma ad accrescere l'immagine del mito furono soprattutto i suoi occhiali da sole divenuti veri oggetti di culto: raffiguranti le ali di una farfalla, furono creati appositamente per lei dall'artista Edward Melcarth e divennero un elemento imprescindibile della sua persona, oggetto fondamentale alla creazione dell'icona Peggy. Oggi questi occhiali potete trovarli in vendita allo shop del museo: se volete guardare anche voi il mondo come lo guardava la grande Peggy...


Donne straordinarie, meravigliosamente autentiche, personalità forti che hanno gestito corpo e mente a loro piacimento, senza condizionamenti o pressioni, eccezionalmente moderne, che hanno lasciato un segno indelebile nella storia di Venezia.

"Bene. Quel che stavo dicendo è che costa molto essere autentica, signora mia, e in questa cosa non si deve essere tirchie, perchè una è più autentica quanto più assomiglia all'idea che ha sognato di se stessa."  cit. Monologo di Agrado, tratto da "Tutto su mia madre" di Pedro Almodovar.